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Polonia: e se ricominciasse la stagione dell’Europa?

INF_NOTA39778_686 [1] Se ne va, sconfitto di un’incollatura, il gemello residuo Jaroslaw Kaczynski, sciovinista se non razzista, brutalmente reazionario, squallidamente antieuropeo. Vince un liberal-conservatore, Bronislav Komorowski (nella foto), ma la svolta non è da poco. La Polonia destrorsa e soprattutto antieuropea, al di là del ruolo della chiesa cattolica, era una dei tumori residui dell’era di George Bush nel nostro continente. Un cancro che colpiva il sesto grande dell’Unione Europea, l’unico paese in sé fondamentale dell’allargamento prodiano che portò l’Unione da15 a 27.

Era l’epoca della “nuova Europa” rumsfeldiana. Cechi, polacchi e le varie rivoluzioni colorate più o meno indotte da Belgrado a Kiev a Tiblisi servivano a contrapporsi all’Europa renana che si negava all’avventura bellica irachena. Era l’epoca per l’Europa dei criminali di guerra Tony Blair e José María Aznar (e solo un passo indietro Silvio Berlusconi).

Era una guerra che si combatteva a Baghdad ma le bombe della quale cadevano politicamente su Bruxelles. Negli ultimi deliri unipolari infatti gli Stati Uniti bushiani riuscirono nell’intento di far cadere, dividendolo, il loro più stretto alleato, l’Europa. Dopo l’Euro una costituzione solo neoliberale che non lasciava alcuno spazio all’unione politica ingessò e fece abortire l’Europa impedendole di fronteggiare con la politica e non solo con i dogmi di fede monetaristi la crisi che sarebbe venuta. Un esercito di veti britannici, cechi, polacchi soprattutto, fece perdere almeno un decennio all’Europa. La svolta di Varsavia potrebbe ora rimetterla in cammino e tornare a fornire ai cittadini europei quello strumento politico del quale hanno bisogno per giocare il loro ruolo nel mondo multipolare.