Politica reality mentre il PdL è sempre più Balena bianca

imag_10529788_00540 Sono tre giorni che dibattiamo su una battuta di Giulio Tremonti che ricorda Catalano di “Quelli della notte”: “è meglio un bicchiere pieno che uno vuoto”. Il Ministro dell’Economia non ha mai neanche per sbaglio (non ci pensa per niente) detto che vuole modificare alcuno dei quattro capisaldi dell’introduzione della precarietà senza freni nel nostro sistema economico (protocollo d’intesa del 1993, pacchetto Treu del 1997, D.L. 368 del 2001, Legge 30 o Biagi del 2003) ma tanto basta a parlarne per giorni e giorni, a creare speranze e forse consenso visto che ogni precario tiene famiglia. Nell’imbarazzo del Partito Democratico, che non è neanche capace di schierarsi chiaramente in nome dei rapporti con la Confindustria, il compagno Tremonti (e Berlusconi) con quella bocca può dire ciò che vuole.

Prima di ciò abbiamo parlato tre giorni delle stravaganze del giudice Misiano (vergognoso il TG5, ma non capite che se parliamo di calzini turchesi non parliamo di giustizia?). Poi, vado a memoria, abbiamo parlato per giorni di Patrizia d’Addario, di Anno Zero… insomma da settimane, da mesi, da sempre, in Italia non si parla che di dettagli (soprattutto se concernono il grande fratello televisivo) pur di evitare di parlare della corruzione politica, della disoccupazione dilagante (a Brescia +850% di cassa integrazione, roba da prima notizia al TG1 in un paese serio) e delle nostre navi dei veleni. Quest’ultimo caso è talmente grave che continua ad essere in prima pagina sulla stampa straniera mentre noi ce ne disinteressiamo. Inoltre non parliamo del fatto che la Campania sta per finire dalla padella (Antonio Bassolino) nella brace di un camorrista vero come Nicola Cosentino (le parole più chiare le ha scritte Dagospia, sic).

Affogati dalle chiacchiere inutili non parliamo di cose serie e della strategia comunicativa del PdL. Da una parte Tremonti fa finta di schierarsi per il posto fisso, dall’altra Brunetta (o Gelmini, o Marcegaglia) risponde con la trita vulgata neoliberale. Da una parte Maroni manda a morte gli immigrati, dall’altra Fini vorrebbe farli cittadini. C’è perfino chi a sinistra è pronto a sposare la causa di Giancarlo Galan, da 14 anni ras berlusconiano in Veneto contro il neonazista veronese Flavio Tosi in quota Lega Nord. Spaccature nel PdL? Mi permetto di dubitare. Sembrano piuttosto il torturatore buono e quello cattivo che troviamo nei manuali della CIA. Uno ti massacra, poi arriva l’altro, ti offre un sorso d’acqua e tu gli ti butti tra le braccia.

Le differenze nel PdL sembrano piuttosto il segnale della trasformazione di quest’ultimo in partito stato, in Balena bianca pensata per durare decenni ben oltre Silvio Berlusconi al quale presto intitoleremo viali, aeroporti, piazze. I nostri figli lo studieranno tra i padri della patria, con Vittorio Emanuele, Cavour, Garibaldi, Mazzini, De Gasperi, Andreotti e forse, ecumenicamente, Gramsci e Mussolini.

Ragionato o no (come strategia comunicativa sì, come politica forse no), il PdL sta oramai nelle scarpe comode del non avere alternativa e quindi può giocare ad essere questo e quello, un vero “catch all party” di quelli studiati da Kirchheimer, una Balena bianca nella migliore delle ipotesi o un vero partito stato, un PRI messicano, un NDP egiziano che occupa l’intero spettro politico o quasi lasciando ai suoi qualche libera uscita e perfino libertà di mugugno. Un PdL molto di destra ma anche (sarà contento Veltroni) un po’ di sinistra. A chiacchiere.