I veri nemici di Israele

La splendida Cecilia Rinaldini, nel GR3 delle 8.45 di stamane 31 luglio, firma un’eccellente, surreale ma paradigmatica e importante intervista a Massimo Teodori.
Rispetto alla guerra in Libano ed al suo rapido trasformarsi in un pantano ed un boomerang per gli israelostatunitensi, l’americanista radical-neoliberal-italoforzuto, opportunamente stimolato dalla giornalista del gr Rai, si dedica in maniera sorprendentemente puntigliosa a dividere le sorti degli Stati Uniti da quelle dello stato israeliano.

A qualunque persona di medio intelletto e cultura è chiaro che per ogni goccia di sangue versata in Libano il governo degli Stati Uniti sia almeno altrettanto responsabile quanto il governo Olmert. Si possono scegliere posizioni giustificazioniste per entrambi i paesi, ma è innegabile la complicità dell’amministrazione repubblicana e la patetica azione dell’ambasciatore presso l’ONU Bolton, scandalosamente a favore del governo dell’ex likudnik Ehud Olmert e del “pacifista” Amir Peretz (quest’ultimo, appesantito in pochi mesi, è oramai il sosia perfetto di Giuseppe Stalin). Nessuno fa mistero del fatto che le più avanzate tra le armi che ammazzano i civili libanesi sono state appositamente inviate dagli Stati Uniti (mentre è invece considerato scandaloso che i razzi di Hezbollah vengano dall’Iran).
Eppure Teodori, il più ortodossamente (e grossolanamente) amerikano tra gli intellettuali italiani, di fronte all’estremismo politico che è tanto di Olmert come di Bush, sceglie ai microfoni del Gr3 una linea difensiva che nella sostanza scarica il primo per difendere il secondo. E’ una posizione nuova ed interessante. Se massacri come quello di Qana del Libano (da non confondersi con Cana o Canaa di Galilea, come sembrano fare oggi alcuni) causano imbarazzo anche nel più efferato difensore dei crimini del cosiddetto campo Occidentale, la reazione paradigmatica di Teodori (forse da vecchio radicale con reminiscenze antiproibizioniste) è quella di circoscrivere, ridurre il danno per la sua parte politica. E la sua parte politica sono sempre e solo gli Stati Uniti d’America. Ed allora è chiaro che è bene limitare il danno alla sola Israele e indultare gli Stati Uniti stessi. E’ una politica (come le bugie) dalle gambe corte, ma non trova argomenti migliori Teodori. Sicuramente, da raffinato intellettuale qual’è (ma brutalmente sguaiato quando si tratta di salvare il proprio universo di riferimento a stelle e strisce) si rende conto di balbettare incalzato com’è da Rinaldini. Dunque, se si sbaglia, è solo Israele che sbaglia, mentre se si ha ragione, sono innanzitutto gli Stati Uniti ad avere ragione.

Chi scrive ha sottolineato spesso il pericolo che la critica ai crimini e al terrorismo di stato praticato dallo stato di Israele sconfini a volte in un non sottovalutabile antisemitismo di/da sinistra. La rozzezza volgare dell’utilizzo di metafore “naziste” per criticare Israele ne è la migliore testimonianza. Ma non per questo sfugge come l’antisemitismo resti storicamente un fenomeno “di destra”, conservatore, reazionario, razzista, fascista.
Finché lo stato di Israele si illude di fungere da baluardo dell’Occidente cristiano, allora l’alleanza con i fondamentalisti cristiani della Bible Belt o con un Maurizio Gasparri o con il peraltro laicissimo Massimo Teodori può reggere. Ma qui ed ora e finché Israele risponde agli interessi statunitensi. Altrimenti perfino l’incrollabile alleanza israelostatunitense non appare altra cosa che un’accordo circostanziale come incidentale è il fatto geopolitico dell’alleanza militare stessa. Basterebbe ricordare il bellissimo “complotto contro l’America” di Philip Roth, per rivelarne la fragilità e la superficialità.

Triste destino quello di Israele e del popolo ebraico, con amici come Massimo Teodori, John Bolton, Condoleeza Rice o Tony Blair. Indotto dagli Stati Uniti all’errore tragico dell’espansionismo mascherato da lotta antiterrorista, Israele sbaglia perché presume troppo dalla presunta superiorità militare e dal possesso del reale monopolio nucleare regionale. Così lo stato ebraico si mette nel vicolo cieco di Bintl Jbeil e raccoglie l’esecrazione del mondo per una Qana che è già una piccola Sabra e Chatila. Bintl Jbeil è il capolavoro negativo di Tsahal. Fino a ieri l’opinione pubblica mondiale considerava Hezbollah come un gruppo di vigliacchi fanatici lanciatori a casaccio di razzi artigianali. Oggi, con Bintl Jbeil, non solo nel mondo arabo e musulmano, la considerazione per i miliziani Hezbollah che hanno fronteggiato a viso aperto i migliori corpi speciali israeliani con bravura e coraggio si è moltiplicata con ricadute politiche evidenti. Bintl Jbeil si configura -per colpa dell’estremismo e della presunzione di Tsahal- come una vera Masada sciita. Laddove Masada è l’evento costituente dell’epica e dell’orgoglio militare israeliano, così Bintl Jbeil potrebbe dare agli arabi la coscienza che Israele non è più imbattibile. Un disastro, indotto dagli Stati Uniti ma fatto proprio dal governo Olmert, dallo stato maggiore di Tsahal e, quel che è peggio, da buona parte della società israeliana.

Israele, se vuole davvero sopravvivere può usare, ma non farsi usare dagli Stati Uniti. Che è quanto sta avvenendo in questo momento con Israele che si illude di stare combattendo una battaglia per la sua sopravvivenza ed invece sta facendo da carne da cannone per l’ennesima guerra petrolifera in nome e per conto degli Stati Uniti. Se domani in Iran ci fosse un governo anche islamista radicale, ma amico degli Stati Uniti, allora Israele per gli Stati Uniti diventerebbe di colpo meno strategica. Facilmente riemergerebbe quel contesto rothiano che genera l’antisemita Charles Lindbergh. Del resto perché mai un paese governato dai fondamentalisti cristiani dovrebbe essere immune dall’antisemitismo se antisemita è stato il fondamentalismo cristiano per tutta la sua storia?

Israele, nel pantano del Libano, si scopre dunque sola con se stessa. Molto più sola di quanto creda. Sola perché nell’incarnazione di se stessa come baluardo d’Occidente si appoggia a amici infidi che sono in realtà i suoi più naturali nemici, e sola perché, con il suo militarismo suicida ed il suo terrorismo di stato, fa di tutto per inimicarsi chi le è naturalmente amico, quel campo democratico antirazzista che vede nell’antisemitismo una delle forme insostenibili dell’occidentalismo nella storia. E’ senz’altro nemico di Israele John Bolton quando copre il terrorismo di stato israeliano. Avviene quotidianamente in funzione di spingere Israele a più crimini, più obbrobri, più odio da parte dei suoi vicini. E’ veramente antisemita John Bolton quando si finge amico di Israele impedendone la condanna per spingerla in realtà ad essere mero strumento del disegno imperialista statunitense sul Medio Oriente. E un nemico che sembra agire da amico, spingendoti alla guerra senza più quartiere verso i tuoi vicini, è ben peggiore di un nemico dichiarato. Nasrallah può essere affrontato in molti modi ma Israele è veramente sola solo quando si lascia ingannare dalla mefitica influenza del John Bolton di turno.

Israele sola infatti, sempre circondata da paesi nemici, e vittima della propria idiosincrasia militarista, è ancora più pericolosa per se stessa, per la regione ed il pianeta. L’irrazionalità terrorista della metodica distruzione del Libano si incarica giorno per giorno di dimostrarlo.