Barack Obama, le basi in Colombia e quei matti di latinoamericani

Obama “Né ho autorizzato né mi è stato chiesto. E non manderemo molte più truppe oltre l’assistenza che già forniamo alla Colombia [con Egitto e Israele la più grande al mondo, ndr]. Alcuni paesi, a partire dall’Ecuador e dal Venezuela, ma anche amici come Brasile e Cile, stanno tentando di trarre profitto usando la solita retorica antiyankee”.

“Vittima dell’antiamericanismo”. E’ dunque così che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha impostato la sua risposta. E’ una maniera come un’altra di smentire senza smentire la concessione di basi da parte della Colombia in sostituzione di quella di Manta in Ecuador, che le forze armate statunitensi devono abbandonare per la decisione sovrana del paese andino di non permettere più la presenza di militari stranieri sul proprio territorio. Eppure carta canta, 800 soldati e 600 mercenari (ufficiali) sono un bel po’ di più della situazione attuale.

E allora ad ascolta Obama, in America latina sono tutti matti, non solo Hugo Chávez o quel democristiano di Rafael Correa. E’ matto Lula, che ha parlato più volte del tema denunciandolo ed è matta Michelle Bachelet che pur misurando le parole, si è schierata sul fronte dei critici. Matto è pure il peruviano Alan García, che invece si è spellato le mani per applaudire alla decisione colombiano-statunitense di aprire nuove basi. Per non dire della mattana collettiva che contagia tutti i presidenti di Unasur che domani viaggiano a Quito per riunirsi nel Capitolo del Convento di Sant’Agostino proprio per condannare una decisione mai presa.

Ma soprattutto è matto Álvaro Uribe, alleato, sodale, amico indefettibile degli Stati Uniti, che ha affrontato un tour de force non indifferente, visitando sette capitali in 48 ore, per spiegare una decisione che, ahilui, non è mai stata presa. Tutti matti e… meno male che Obama c’è…