Cupola del PD: terrorizzati dalla propria ombra

ombraC’è qualcosa da stato terminale nella ritualità autoreferenziale con la quale i dirigenti del Partito Democratico si stanno arroccando.

Ignazio Marino aveva chiesto non sei mesi ma una settimana in più di tesseramento per rimpinguare un po’ i numeri del partito e dei suoi (pensarci prima no, dottore?) e gli hanno detto di no: non sia mai, si ritarderebbe il congresso! 

Non sia mai, in realtà, che la sua candidatura (interessante ma non propriamente rivoluzionaria) prosperi e rompa col manuale Cencelli tra DS e Margherita e la corrività col governo del puttaniere.

Hanno detto di no a Beppe Grillo e tant’è. Però hanno detto di sì a Guerra che se permettete in quanto leghista puzza (ogni riferimento al bimbetto di 12 anni costretto a cambiare scuola a Treviso per lo squadrismo leghista dei compagni e degli insegnanti non è casuale).

Hanno il 26% dei voti nel paese, pretendevano di fare un milione di tessere e ne hanno fatte poco più della metà (600.000) a dimostrazione che sono autistici e marginali nel paese (la qual cosa è una tragedia per tutti noi).

Marino forse non ce la farà nemmeno a candidarsi con l’apparato che fa blocco unico per sbarrargli il cammino. Sono terrorizzati che rispetto alla figura mitologica del partito loro a vocazione maggioritaria (e chi non si sente rappresentato sticazzi) qualcosa possa modificarsi e si attaccano al formalismo più sterile.

Grillo proveniva da un “movimento politico ostile” e Marino ha lanciato un’OPA sul partito evidentemente percepita come ostile. Siccome confrontarsi sui programmi giammai, meglio dire che 600.000 tessere bastano e se la prossima volta saranno 300.000, 150.000, 75.000 basteranno lo stesso.

Il Titanic (l’Italia, la politica, il partito) affonda e loro continuano a ballare l’eterno minuetto, Veltroni, D’Alema, Rutelli, Marini…