- Gennaro Carotenuto - https://www.gennarocarotenuto.it -

Allo stadio come in chiesa

Ci sono pochi problemi FACILI da risolvere come la violenza negli stadi. Il governo di centrosinistra se volesse potrebbe perfino trovare una occasione di consenso spicciolo. Nel giro di cinque giorni un uomo è stato ammazzato a calci ed un poliziotto (nella foto la vedova) è stato ucciso da una bomba come a Baghdad. Creano più allarme sociale gli ultras o Al Qaeda?

Come nessuno può andare a cinema o in pizzeria organizzato in bande ad ammazzare i vicini, così deve essere impossibile andare allo stadio in gruppi organizzati. Impossibile e basta.

Basta gruppi organizzati, proibiti del tutto. Sciolti come si scioglie un partito fascista. In caso di minima violenza reato associativo, associazione a delinquere finalizzata alla turbativa di evento sportivo. In caso più grave, aggravante dei fini terroristici e condanne minime a dieci anni per tutti gli associati a gruppi coinvolti in episodi di violenza. Qualcuno può affermare che nei fatti di Catania non ci sia il reato associativo e la finalità terroristica?

Ebbene in un’Italia civile, da Catania (ma se fosse Verona o Torino o Napoli o Milano sarebbe lo stesso, è pleonastico) scaturirebbero almeno una cinquantina di condanne per associazione a delinquere finalizzata alla devastazione a molti anni di reclusione. Per gli autori materiali dell’omicidio con l’aggravante del terrorismo le condanne sarebbero all’ergastolo.

Tutti gli altri, quelli che portano striscioni, fumogeni, mortaretti, quelli che intonano cori offensivi, quelli che tengono comportamenti minacciosi o anche solo irriguardosi verso squadre, arbitro o altri spettatori, dovrebbero essere tutti identificati e allontanati dallo stadio. Se in un ristorante o in una discoteca un commensale tenesse quei comportamenti non sarebbe cacciato?

Poi dovrebbe, già il lunedì mattina, essere inibito per direttissima dal frequentare gli stadi, la prima volta per un anno, alla seconda per cinque o dieci anni. La diffida dovrebbe essere automatica, non discrezionale. Non esiste alcun diritto ad andare allo stadio. A quel punto tutte le domeniche dovrebbe presentarsi in un campetto di periferia a passare tutte le sante domeniche. Saranno alcune migliaia, ma sarà più facile controllarli in luoghi appositi, all’aperto, magari sotto l’acqua. Magari gli mettiamo anche un altoparlante con “tutto il calcio minuto per minuto” ma non ci sarebbero eccezioni. Chi non si presenta va in galera.

A questo vanno aggiunti però due corollari. In primo luogo per le società professionistiche dovrebbe essere radicalmente proibito avere qualunque rapporto con le tifoserie. Le società sono vittime di ricatti ma considerano spesso un prezzo congruo farsi ricattare. Una nuova legge dovrebbe considerare il pagare gruppi di tifosi a qualunque fine come un reato corruttivo.

Il secondo corollario è lo snodo di tutto. La politica deve smettere di fare lobby sugli ultras, considerarli come centri di reclutamento o come massa di manovra. Questo che riguardi gruppi di ultradestra o un deprecabile sottosegretario all’economia di nome Paolo. Finché la politica continuerà a considerare anche gli ultras come un bacino elettorale, allora tutto il resto sarà inutile.

La prima risposta deve essere immediata. Fa benissimo il Ministro degli Interni Giuliano Amato a minacciare di non inviare più forze dell’ordine negli stadi. Tra pochi giorni a chi dal pallone guadagna verrà subito voglia di ricominciare e continuare come prima. NO! Non ci sono le condizioni e due morti in cinque giorni lo testimoniano. Il governo deve tenere fermi tutti i campionati fino a che non sarà stata approvata una nuova legge che risolva alla radice e per sempre un problema FACILMENTE risolvibile, come in Inghilterra hanno dimostrato. Se ci vorrà un mese o tre mesi, o se fosse pure necessario annullare quello che resta dei campionati per ricominciare a settembre avendo adeguato stadi e norme, pace. Non ci dovranno essere più morti né feriti. Né ultrá. O forse non vi è bastato?

Non ci sono altre soluzioni. Non vedo neanche la necessità in questo contesto di cambiamenti culturali o divagazioni sociologiche. Pugno di ferro e basta. Vogliamo scommettere che le famiglie tornerebbero negli stadi?