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Perù, l’ordine di Alan García era uccidere gli indigeni

Alan [1] La resistenza degli indigeni ha obbligato il governo di Lima a fermare e derogare i decreti che permettevano alle multinazionali di spogliare l’Amazzonia che dovranno essere riesaminati in Parlamento a Lima. Il tempo e la tenacia dei popoli originari diranno se è un diversivo neoliberale, una semplice tregua per dirottare l’attenzione internazionale (poca ma combattiva) oppure l’inizio di una vittoria storica di chi difende la biodiversità dell’Amazzonia.

Intanto, secondo l’indigeno awajún Salomón Aguanash, testimone diretto delle stragi, intervistato da IPS, l’ordine di Alan García era sparare per uccidere. Così, all’alba del 5 giugno, quando tre elicotteri MI-17 dell’esercito hanno aperto il fuoco su 3.500 indigeni che bloccavano la strada che collega la selva alla costa Nord, è iniziato il massacro in Amazzonia. Al termine dell’incursione sul terreno gli indigeni contavano almeno 25 morti e un centinaio di feriti ma erano più che mai disposti a resistere fino alla vittoria. I dati sulle violenze successive continuano ad essere contraddittori. Secondo fonti inconciliabili, il governo e gli indigeni, ci sarebbero 23 poliziotti morti da una parte e almeno 50-60 indigeni uccisi e fino a 400 desaparecidos dall’altra.

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