I pericoli che insidiano il giornalismo

Ricevo e pubblico volentieri la traduzione italiana, a firma Gianluca Bifolchi, dell’editoriale de La Jornada del 9 settembre sul tema dei giornalisti pagati per scrivere notizie false e tendenziose su Cuba.

Uno dei pilastri fondamentali del giornalismo e dei mezzi d’informazione è la credibilità, la quale si basa sulla fiducia del lettore, che a sua volta deriva dall’indipendenza e libertà dei professionisti dell’informazione per l’elaborazione e la presentazione delle notizie. Per questo, quando sorge una situazione che ha impatto su questa caratteristica essenziale, i responsabili dei quotidiani ed altri mezzi d’informazione cercano di porre subito rimedio al problema, perché ne va della loro sopravvivenza. Negli ultimi giorni, la direttrice del periodico Miami Herald ha dovuto espellere tre giornalisti del suo sussidiario El Nuevo Herald, il quotidiano in spagnolo di maggior circolazione in Florida, che aveva posto a rischio la sua credibilità accettando denaro del governo degli Stati Uniti per appoggiare la sua politica anticastrista a Cuba, pagamenti contrari all’etica giornalistica.

Questo scandalo coinvolge 10 giornalisti di Miami, dove risiede buona parte dell’esilio cubano: oltre ai tre lavoratori di El Nuevo Herald, risultano esserci dipendenti della catena Univisión, di Canal 41, del Diario Las Americas e Telemundo, che hanno accettato succose somme di denaro per lavorare alle trasmissioni anticastriste Radio y Tv Martí, che trasmettono i loro segnali a Cuba, sebbene non possano farlo in territorio statunitense, per via delle leggi locali sulla propaganda. Come ha segnalato la direttrice del Miami Herald, i licenziati agivano in conflitto di interessi e sotto criteri etici che non permettono di "garantire l’obiettività" del quotidiano.

Da un lato la misura cerca di fare pulizia in questo mezzo di comunicazione degli elementi che ponevano in dubbio l’onestà del giornale, così come di recuperare la propria credibilità agli occhi del lettore. In questo contesto bisogna segnalare che uno dei rischi più gravi cui un quotidiano può andare incontro è vedere messa in sospetto la propria reputazione dall’avere firme compromesse, dall’avere denaro per essere mezzo di interessi specifici, dato che tali relazioni pregiudicano direttamente il principio di imparzialità che devono osservare i media e sono quelle che permettono di mettere in discussione la loro integrità e credibilità. Dunque, è fondamentale che i quotidiani ed i periodici si distanzino dal potere, sia esso politico o economico, per preservare il proprio atteggiamento critico, senza il quale non esisterebbe il giornalismo di qualità.

Tuttavia l’ingerenza governativa non è l’unica minaccia al lavoro giornalistico: l’enorme potere di seduzione del capitale privato e dei criteri editoriali strettamente commerciali costituiscono un altro pericolo che mette a rischio la credibilità e la qualità dei mezzi d’informazione. Alcuni direttori ed editori hanno optato per sacrificare le informazioni su problemi nodali del paese e del mondo per offrire contenuti più commerciali, con il pretesto che la gente preferisce leggere notizie di sport, intrattenimento, cucina ed altri temi di minore rilevanza, invece di articoli sui conflitti in Afghanistan e Irak, per esempio. Questa attitudine è una rinuncia alla missione del giornalismo, che consiste nell’informare la gente sugli elementi che le permettano di prendere le migliori decisioni rispetto a temi rilevanti e formarsi criteri basati su dati veritieri e non su versioni interessate.

Per concludere, come sappiamo bene in Messico e come possiamo constatare nel caso dei giornalisti di Miami, il giornalismo corrotto è uno dei principali pericoli che attualmente incalzano i media, dato che implica l’offerta alla società di informazione sbilanciata, nella migliore delle ipotesi. E una società mal informata, è una società suscettibile di manipolazione da parte di interessi estranei alle notizie.


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