Fieri di essere italiani?

Ho festeggiato anche io, come tutti o quasi tutti, anche se un po’ defilato, il trionfo azzurro, di questa squadra dalla saggezza proletaria di Gattuso, che ha saputo rispondere alla domanda delle cento pistole: “Sì, si può vincere un mondiale senza attaccanti”.

Sì, si può vincere, ma poi il trionfo si può anche macchiarlo in un altro modo. Si può anche fare un po’ di pipì fuori del vaso quando si è alzato il gomito e si sta festeggiando, ma poi bisogna domandare perché le infezioni non si curano mai del tutto e perché la pipì fuori dal vaso esce sempre dalla stessa parte. Forse è davvero stata una paranoia mia, quella di sentirmi a disagio nel vedere un milione di persone celebrare una sfilata in camicia nera che passava sotto Palazzo Venezia o poi per i Fori Imperiali. Si, vabbé, non erano per niente marziali quei ragazzi con la Coppa del Mondo, e forse ho un eccesso di anticorpi, epperò camicie nere erano quelle vestite dagli uomini del successore di Vittorio Pozzo.

Se le camicie nere erano forse solo eleganti però non è stato elegante, per niente elegante, che il signor Gianluigi Buffon, portasse sul palco uno striscione (nella foto) con tanto di croce celtica. Non se ne sarà accorto, tende a giustificarlo perfino l’Unità in questo clima da maggio radioso. Illazione mia, ma giurerei che alla destra del palco ci fosse un gruppo numeroso che salutava romanamente… e che lo striscione sia venuto proprio da lì. Goliardate, forse… se Buffon non fosse recidivo nel mostrare simboli fascisti e nazisti e non fosse quello psicopatico che si è giocato due milioni di Euro. Ragazzate di un immaturo (28 anni, mica 16). Visto che è bravo come portiere, lo si giustifica sempre. Mi domando se ci sia un limite anche per il portiere della nazionale o se sia solo un utile idiota.

Da che ho l’età della ragione mi dicono che devo appropriarmi dei simboli patrii, del tricolore e dell’inno di Mameli (ma non del 25 aprile, che è il più patrio di tutti) ma poi se me ne approprio e canto l’inno devo necessariamente trovarmi fianco a fianco con chi lo interpreta romanamente? Puzzetta sotto il naso sinistrorsa, …e nostra patria è il mondo intero… che vuoi che sia un saluto romano? O una croce celtica che l’ex ministro Alemanno porta perfino al collo? Ragazzate…

Eppoi però quegli stessi (o altri, fa lo stesso) che salutavano romanamente alla destra del palco, andando via, hanno fatto giusto due passi oltre Botteghe Oscure verso il portico d’Ottavia a rastrellare di svastiche i portoni  dei deportati, lì nel ghetto. Non sapevano è insostenibile dirlo, e allora avevano bevuto? Ragazzate… Sarebbe bello avere una dichiarazione in merito del portierone che espone la croce celtica sui colli fatali.

Potessi interrogare Buffon -d’accordo sarebbe abuso di potere- gli darei diciotto solo se sapesse rispondere alla domanda: “Cosa è successo nel ghetto di Roma il 16 ottobre 1943?”. Forte del suo ruolo, si rifuggerebbe in calcio d’angolo -come Gianfranco Fini in occasione analoga- dicendo di essere nato dopo il ’43. Dunque si possono davvero fare propri i simboli patrii senza essere obbligati anche a comprare nel mazzo anche quelli del nazionalismo estremo novecentesco? Il dubbio che sia difficile viene.

In un paese che ha considerato legittimo e democratico avere come ministro della Repubblica Roberto Calderoli, che ha affermato che la Francia ha perso perché schierava “negri, islamici e comunisti”, prendersela con Buffon o con i bravi ragazzi che hanno finito i festeggiamenti disegnando svastiche ai portoni dei deportati, risulta sempre fuori luogo. Vogliamoci bene, amnistiamo pure Moggi, croci celtiche e svastiche… ma perché non riesco ad essere fiero di un’Italia così?