Onu: «L’Italia è un paese razzista e xenofobo»

di Luca Fazio
su Il Manifesto del 20/03/2009
È scritto in un rapporto sulle condizioni dei lavoratori migranti
Entro la fine del 2009… un po’ poco. Anzi, impossibile. Il governo italiano avrebbe meno di un anno di tempo per rispondere, «punto per punto», alle imbarazzanti osservazioni fatte dall’agenzia Onu Ilo (Organizzazione internazionale per il lavoro): «Siete un paese razzista». Ma il ministro Frattini non perde tempo e risponde subito: «Non è vero».

Raramente il Comitato, che sempre a marzo presenta la sua relazione sull’applicazione degli standard internazionali del lavoro, ha usato parole così dure per condannare un paese europeo e «democratico». L’Italia compare a pagina 644 e già le prime righe sono poco edificanti: «E’ evidente e crescente l’incidenza della discriminazione e delle violazioni dei diritti umani fondamentali nei confronti della popolazione immigrata nel paese. Notiamo che persistono razzismo e xenofobia nei confronti degli immigrati, dei richiedenti asilo e rifugiati, compresi i Rom.
Chiediamo al governo di intervenire efficacemente per contrastare il clima di intolleranza e per garantire le tutele ai migranti, a prescindere dal loro status». Il rapporto, in fondo, non è altro che una sintesi impietosa di ciò che accaduto in Italia non in questo ultimo anno, ma in questi ultimi anni, per cui ben poche forze politiche possono dirsi innocenti anche se il «clima» – tra ronde e medici costretti a denunciare i «clandestini» – con il governo Berlusconi è decisamente peggiorato. Tocca al ministro Frattini oggi difendere l’indifendibile, e lo fa in maniera sprezzante: «Il rapporto – accusa – contiene affermazioni false e dunque è da respingere al mittente. L’Italia ha già espresso indignazione all’Ilo che ha preso atto: ci auguriamo che si tratti di una sfortunata pagina dell’attività di una istituzione che l’Italia rispetta».
Le accuse del rapporto, e lo dimostrano i fatti, vanno ben oltre il mancato rispetto della convenzione 143 che l’Italia ha ratificato nel 1981, quella sulla «promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti». Un «primato» che il nostro paese condivide con pochi altri al mondo: Portogallo, Slovenia, Benin, Burkina Faso, Camerun e Uganda. Il Capitolo Cie (Centri di identificazione ed espulsione), maledettamente attuale, per esempio: «Gli immigrati a volte sono detenuti in condizioni difficili prima di essere espulsi verso il loro paese d’origine». Un eufemismo: proprio ieri un algerino è morto a Ponte Galeria (Roma) per un malore dopo aver chiesto inutilmente aiuto alla polizia. O più semplicemente le «normali» condizioni di chi lavora nel nostro paese: «Il Comitato per l’eliminazione delle discriminazioni razziali si dice preoccupato dalle informazioni sulle gravi violazioni dei diritti dei lavoratori senza permesso di soggiorno, in particolare di quelli provenienti dall’Africa, dall’Europa dell’est e dall’Asia: cattivo trattamento, bassi salari ricevuti con ritardi considerabili, lunghe ore di lavoro forzato nelle quali una parte del salario è trattenuto dagli stessi datori di lavoro…».
E quando al centro dell’attenzione ci sono i Rom e i rumeni, non si salva nessuno. Non la polizia, non il centrosinistra spazzato via alle ultime elezioni. Scrive ancora l’Ilo: «Gli immigrati sono obiettivo di un discorso razzista e xenofobo, discorsi che incitano all’odio riguardano i Rom» (e qui, per inciso, vengono sottolineati i «cattivi trattamenti» nei confronti dei Rom, specialmente quelli di orgine rumena, da parte dei membri delle forze dell’ordine durante gli sgomberi nei campi); e in particolare, in seguito al decreto razzista voluto dal governo Prodi che nel novembre 2007, scatenando le reazioni di mezza Europa, tentò di espellere i rumeni dall’Italia benché comunitari.
Altri fatti più recenti hanno scandalizzato i funzionari dell’Ilo, episodi riportati da altre apposite commissioni il 15 luglio 2008. Le impronte digitali: «Siamo gravemente preoccupati per le azioni, le dichiarazioni e i propositi delle recenti misure contro la comunità rom, in particolare il proposito di prendere le impronte digitali agli individui allo scopo di indentificare quelli senza documenti». L’altra condanna, se è possibile fare una classifica, è forse quella più importante: «La retorica aggressiva e discriminatoria dei responsabili politici che associano esplicitamente i rom alla criminalità, creando nella popolazione un clima generale di ostilità e che stigmatizza la comunità colpita». E qui davvero nessuno può dirsi innocente.
Il rapporto termina con un auspicio, che purtroppo è destinato a cadere nel vuoto. Chiedono al nostro governo di agire con efficacia per combattere «l’intolleranza, la violenza e la discriminazione contro gli immigrati, inclusi i Rom». La speranza è che «il prossimo report» comprenda le misure che il governo Berlusconi compirà a riguardo. Stando a Frattini – per non dire di Maroni… – probabilmente glielo consegneranno in bianco.