A 5 anni dalle stragi di Madrid, un frammento di “Giornalismo partecipativo. La storia del giornalismo e dei nuovi media come bene comune” di Gennaro Carotenuto in corso di stampa

11m_3_imagenGrande Oggi è il quinto anniversario delle stragi di Madrid dell’11 marzo 2004 che causarono la morte di quasi 200 persone. Il governo di José María Aznar, in piena sinergia con i media mainstream, tentò di imporre un’insostenibile verità ufficiale. E’ un caso di scuola: usando Internet e gli SMS il popolo spagnolo insorse contro la menzogna dei media e del governo facendo informazione. Sul tema pubblico un frammento del mio saggio Giornalismo partecipativo. La storia del giornalismo e dei nuovi media come bene comune, in questo momento in corso di stampa.

Dall’11 al 14 marzo 2004 l’intera Spagna fu percorsa da un’ondata di indignazione popolare che prese forma di microinformazione partecipativa[1]. Milioni di cittadini s’indignarono per la verità di Stato sulle stragi di Madrid dell’11 marzo, che il governo di José María Aznar pretendeva di imporre attribuendole all’ETA pensando di ricavarne un vantaggio politico nelle elezioni politiche del giorno 14. La televisione, soprattutto quella nazionale, e la stampa si allinearono alla menzogna imposta dal governo[2] che cercava di mascherare le proprie responsabilità nella guerra in Iraq considerando inopportuno riconoscere la matrice islamica degli atti terroristici che avevano causato la morte di 191 persone. Quella volta in tutta la Spagna la corda si spezzò.

Centinaia di migliaia di SMS[3] mobilitarono l’opinione pubblica esigendo la verità e ribaltarono l’esito di quelle elezioni politiche che i sondaggi consideravano già vinte dal partito di Aznar. Il sabato, giornata di riflessione, circa 300.000 persone si autoconvocarono via cellulare a manifestare alla sede centrale del Partido Popular nella Calle Génova, in pieno centro a Madrid, causando la disapprovazione anche dei media, come il quotidiano “El País”, che appoggiavano il PSOE. Quella disapprovazione voleva dire che i media (che avevano scelto di non informare) vedevano in quella sollevazione che li bypassava il superamento del loro ruolo di orientamento. Citando Gianni Riotta[4], autoconvocandosi esigendo la verità «gli uomini preferirono le tenebre alla luce» (Giovanni 3,19).

Nel frattempo in quelle ore il traffico in Internet cresceva di otto volte. Con pochissime eccezioni tra i media tradizionali, “Cadena SER”, “La Vanguardia”, il mainstream restò appiattito sulla versione del governo e il pubblico spagnolo dovette rivolgersi attraverso la Rete all’estero. Gli SMS rappresentavano in quel contesto un “non media” che in poche ore riuscì a raggiungere capillarmente altrettante persone di quante non potesse raggiungere un grande media mainstream. Per il sociologo Manuel Castells[5]:

se io mando un SMS a dieci persone e ognuno di loro lo gira a dieci amici, nel giro di pochi minuti potremmo avere lo stesso o addirittura più impatto di quanto ne può avere la televisione perché tali reti sono selettive, si dirigono a persone che si conoscono. [Quella dell’11-14 marzo 2004] è stata una specie di rivolta etica che ha sorpreso tutti, inclusi gli stessi media. Non è stata una rivolta contro un partito o a favore di un altro. È stata una rivolta per la verità e contro la menzogna.

Gli autoconvocati sostenevano che il loro sdegno non fosse diretto contro una parte politica ma contro la menzogna di Aznar veicolata supinamente dai media. Secondo un’inchiesta demoscopica studiata da José Ramón Montero Gibert e Ignacio Lago Peñas[6] il 6% degli spagnoli decise per chi votare dopo gli attentati e il 5%, che aveva deciso di astenersi prima di questi, scelse di votare. Due terzi di questo 11% votarono per il PSOE generando un decisivo aumento del 4% di voti al partito di centro-sinistra che candidava José Luís Rodríguez Zapatero alla presidenza del governo. Inoltre il 16% degli intervistati (corrispondenti a vari milioni di elettori) dichiarò che la manipolazione sugli autori degli attentati era stato il fattore più importante che aveva preso in considerazione al momento di votare.

Negli ultimi decenni, soprattutto nell’epoca neoliberale, e a partire dalla centralità della televisione commerciale, il core business dei media mainstream si è allontanato sempre di più dal diritto/dovere di informare come l’esempio spagnolo esplicita in maniera parossistica. La “fabbrica del consenso” della quale parla Chomsky si è orientata alla comunicazione e alla costruzione di una scala di valori e consumi stabilizzatrice del consenso dell’opinione pubblica verso il potere politico ed economico. Ciò ha un prezzo ed è evidente che lo spazio lasciato vuoto dal mainstream è stato occupato da altri agenti informativi. Se l’intelligenza tra media e potere è un consolidato processo storico, la discontinuità della nostra epoca è che è diventato straordinariamente facile avere alternative.

Ogni volta che i media mainstream scelgono di edulcorare l’informazione lasciano più spazio ad una nuova informazione, non di sicuro migliore ma sì alternativa. Quella di un’informazione non in sinergia con il potere è un’esigenza presente fin dal tempo dei primi Canard[7] da secoli prima della Rete. È l’informazione che fu dei Peppino Impastato e delle “Radio Aut”. Il caso spagnolo delle stragi dell’11 marzo 2004 e delle elezioni del 14, che ribaltarono il risultato elettorale in una grande democrazia occidentale, dimostrò che in maniera completamente decentralizzata, usando Internet e gli SMS, la cittadinanza può battere la disinformazione e la sinergia tra media e potere.


[1] M. Martín Nuñez, A. Montero Sierra, La manipulación en los medios de comunicación. Tratamiento informativo del 11M, Castelló de la Plana, Universitat Jaume I, 2007; R.M. Artal, 11-M 14-M: onda expansiva, Madrid, Espejo de Tinta, 2004.

[2] http://www.youtube.com/watch?v=FL-IU6din_4.

[3] http://www.youtube.com/watch?v=qmuOocplXxM.

[4] G. Riotta, La Rete cancella l’opinione pubblica, “Il Corriere della Sera”, 19 gennaio 2009.

[5] M. Martín Nuñez, A. Montero Sierra, op. cit., p. 18.

[6] I. Lago Peñas, J.R. Montero Gibert, Los mecanismos del cambio electoral. Del 11-M al 14-M, in “Claves de la Razón Práctica”, 2005, n. 195, pp. 36-45.

[7] J.N. Jeanneney, Storia dei media, Roma, Editori Riuniti, 1996 (ed. or. Une histoire des médias, des origines à nos jours, Paris, Points, 1990).