Reazionaria, reazionari

Donna Letizia Moratti, altrimenti detta la Thatcher dei poveri, è soprattutto una reazionaria. La sua idea della scuola e dell’Università è un’idea innanzitutto classista.

Nella scuola si uccide il tempo pieno per colpire in primo luogo le madri lavoratrici. Così si spinge una quota di queste -quelle a miglior reddito- verso la scuola privata, e le altre verso casa. In un mondo dove due stipendi non bastano -e poi comunque sono cavolacci di ogni donna se lavorare o no- questo è un attacco diretto verso la scuola democratica ed interclassista ed è sotteso lo scopo di descolarizzare le classi meno abbienti prima possibile. Inoltre licenziando in tronco migliaia di bibliotecari scolastici rottama lavoratori con contratti a tempo indeterminato a causa di problemi di salute. Per donna Letizia la scuola italiana è Manchester nell’800 e solo per i crimini verso i lavoratori bibliotecari meriterebbe le barricate. Da storico non posso non leggere una Moratti non solo thatcheriana ma strettamente gentiliana, nel senso di distruzione del sistema ascensionale che bene o male l’italietta giolittiana e poi anche la democristiana avevano messo in moto.
Basta un’occhiata alle statistiche sulla riduzione dell’accesso scolare ed universitario immediatamente dopo la riforma del filosofo fascista, nel 23-24-25, per capire a chi si ispira davvero la Moratti, con le sue scuole ed università classiste. Private con i soldi pubblici, o pubbliche ma in mano ai privati.

Anche la cruciale abolizione della figura del ricercatore universitario, sostituita da un co.co.co anche cinquantenne, sempre con un piede e mezzo fuori da un’università che lo usa e lo getta, è innanzitutto una scelta classista. La selezione per l’accesso alla carriera di ricerca e poi di docenza universitaria, deve avvenire ai livelli iniziali di carriera, ovvero fin dal dottorato di ricerca e poi garantire stabilità al ricercatore che non ha bisogno di essere ricattato per lavorare.
Infatti l’estensione nel tempo di posizioni precarie successive, è anche fonte di incostituzionali discriminazioni che facilitano l’inserimento nell’Università di profili socio-familiari più alti e non dei soggetti più capaci.

Purtroppo l’Università è strapiena di questi soggetti, figli di papà 30-40enni che vivono pacificati con assegni di ricerca da 900 Euro al mese, figli di professori ordinari, o di grandi professionisti benestanti, che possono permettersi di aspettare, perché tanto le bollette non le pagano loro.
Questi oggi non saranno in piazza a Roma né in nessuna altra piazza. Non rischiano niente perché non hanno niente da rischiare. Ma col loro silenzio giocano per l’altra squadra, quella della reazione e della perpetuazione dell’Università classista che la Moratti vuole imporre.