Fascisti e Berlusconi

Ricevo e pubblico da Gaetano Saya: Gentilissimo Carotenuto Le chiedo di cancellare l’articolo che mi riguarda circa la vicenda della cosidetta polizia parallela , visto che la tanta decantata indagine non ha avuto alcun prosieguo…..!!!!

Gentile Saya, prendo atto della sua affermazione. Gli articoli sono frammenti di stampa che restano pubblici e pubblicando la sua le garantisco il diritto di rettifica (gc, 17-2-2009).

La destra francese scelse coscientemente di perdere le elezioni piuttosto che allearsi con Jean Marie Le Pen e rinunciare alla pregiudiziale antifascista. Li conosceva e scelse di andare all’opposizione. Silvio Berlusconi dichiara di non conoscerli (non sa mai niente lui) ma ci si allea. Tutto è meglio che andare all’opposizione.

Ecco i fascisti, neonazi, teorici della superiorità della razza, che Silvio Berlusconi vuole portare in parlamento. Da l’Unità on line.

C’è voluto l’annuncio di Adriano Tilgher, due arresti per ricostituzione del partito fascista e rapporti tutt’altro che cristallini con l’eversione nera: «L’intesa con la Cdl c’è – proclama trionfante – venerdì la annuncerà Berlusconi». Solo a questo punto, dopo giorni di neanche troppo imbarazzati silenzi, nel centrodestra esplode il caso dei neofascisti reclutati da Forza Italia. Non solo il Fronte Sociale Nazionale di Tilgher, alleato con Forza Nuova dell’ex latitante a Londra Roberto Fiore nell’Alternativa Sociale di Alessandra Mussolini. Ma anche i frammenti dispersi della diaspora di Fiuggi: il Movimento Idea Sociale del vecchio Pino Rauti, il Movimento Sociale Fiamma Tricolore dell’ex delfino di Rauti, Daniele Romagnoli. E il partito patacca del piduista Gaetano Saya, quello che vanta il simbolo storico del Msi di Almirante, un recente arresto e un processo per associazione a delinquere a carico della sua polizia parallela antiterrorismo, un’indagine della Digos per le quotidiane minacce che fa pervenire a l’Unità.

Tutti, ma proprio tutti, sono pronti ad essere imbarcati in Forza Italia. Una storia di estremismo, violenza, trame oscure che scorre limpida davanti agli occhi. Neanche ai tempi del Movimento Sociale, quando si disperdevano nei mille rivoli del neofascismo, capitava di vederli così, tutti insieme. Una compagine indigesta, anche a non avere il palato fino.

Berlusconi è costretto a difendersi: «Fino ad ieri sera non sapevo neppure che esistessero Tilgher, Fiore e Saya… Ho sentito i nomi di Tilgher e Fiore, ma non sapevo chi fossero. Noi abbiamo trattato solo con Alessandra Mussolini, una sicura democratica». Proprio così: «Ho conosciuto l’onorevole Alessandra Mussolini in Parlamento come esponente di An ed ho avuto modo di stimarla e di apprezzarne l’attività politica. Ho cercato in seguito di coinvolgere nella Casa delle Libertà il movimento politico che a Lei fa riferimento. Dei colloqui con l’onorevole Mussolini sono sempre stati tenuti al corrente i componenti della Casa delle Libertà».

Una chiamata in correo cui segue un’impapocchiata ricostruzione storica nella quale il premier spiega che «non conoscevo altri esponenti dell’estrema destra attivi sulla scena politica quando io facevo l’imprenditore». Sulle loro attività successive, evidentemente, ha chiuso due occhi. E allo stesso modo glissa sugli incontri con la moglie di Saya Maria Antonietta Cannizzaro: «Io non mi ricordo questo nome – dice – da me sono venuti esponenti di destra. È venuta una volta una signora gentilissima, credo di avere fatto anche delle fotografie…». La foto è pubblicata vicino al titolo.

Un po’ più chiara appare la dichiarazione di Gianfranco Fini, che dice «no a candidature che gettano discredito» e pone come precondizione la firma di una sorta di “dichiarazione di valori” comune, perché «non riaffermare i concetti inequivocabili di rifiuto del totalitarismo, del razzismo, dell’antisemitismo rappresenterebbe una ambiguità che nessuna
spregiudicata tattica elettoralistica potrebbe giustificare in termini etici prima che politici».

Una presa di posizione con la quale il presidente di An prova anche a rimediare ai tentennamenti del suo partito. Francesco Storace, forse scottato dalla mancata alleanza con Alessandra Mussolini e i suoi amici neofascisti alle ultime elezioni Regionali, tuona: «Se quattro seggi in Parlamento sono merce buona per togliere gli ardori rivoluzionari a Tilgher e compagnia questo non è un buon motivo per accettare spregiudicate alleanze. È bene che Alleanza Nazionale elevi una barriera». Non è d’accordo l’ex amico di corrente Gianni Alemanno, che ricorda che Alessandra Mussolini «come è evidente, preferisce parlare con lui piuttosto che con Gianfranco Fini». Ma ricorda anche che i sondaggi dicono che oltre il 2% dell’attuale consenso della Cdl viene dalla galassia nera. E allora ammonisce: «Il compito di fare epurazioni non può appartenere ad altri partiti, ma spetta ad Alessandra Mussolini». Quindi, «Alternativa sociale deve dare precise garanzie politiche e di valori, ma noi dobbiamo rispettare la sovranità dei partiti». Equilibrismi rischiosi. Si scherza con il fuoco e con la propria storia: a ritrovarsi accanto certi personaggi, verrebbe da pensare che i dieci anni dal lavacro di Fiuggi siano passati invano.

Ad aprire il coro delle proteste era stato il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa: «L’accordo con i gruppi più radicali della destra non può prevedere la candidatura al Parlamento di personaggi impresentabili al pari di Ferrando e Caruso nell’Unione. Su questo nel centrodestra siamo d’accordo tutti». Melina, ma tanto era bastato per costringere il sottosegretario alla presidenza del consiglio Bonaiuti a precisare che l’accordo con Tilgher non esiste. La trattativa chissà.

Alessandra Mussolini, a questo punto, aveva chiamato a garante Berlusconi, mettendo in guardia tutti contro l’eventualità di veti: «Alternativa Sociale è un cartello elettorale, all’interno del quale ci sono anche Fiore e Tilgher. Non accetto quindi liste di buoni e cattivi». E del resto «ho incontrato Berlusconi e lui aveva avuto incontri preventivi con gli alleati di Governo». Ora spetta anche a lei decidere cosa fare della sua lista.

I quattro dell’apocalisse:

Luca Romagnoli è stato per anni il delfino di Pino Rauti. Almeno fino a quando non lo ha cacciato dal partito che aveva fondato, divenendo leader incontrastato del Movimento Sociale Fiamma Tricolore. È europarlamentare eletto in Alternativa Sociale. In Parlamento vanta un deputato: è Antonio Serena, cacciato due anni fa da An per aver inviato a tutti i deputati un video con l’autobiografia di Erich Priebke, tra i responsabili del massacro nazista delle Fosse Ardeatine.

Adriano Tilgher, leader del Fronte Sociale Nazionale, uscì dal Movimento Sociale nel lontano 1970. Poi fondò l’organizzazione extraparlamentare Avanguardia nazionale, fu arrestato due volte per il reato di ricostruzione del partito fascista e trascorse cinque anni in carcere. Ora è leader del Fronte Sociale Nazione. Berlusconi tratta anche con lui.

Pino Rauti: il fondatore di Ordine nuovo è stato cacciato perfino dal partito che lui stesso ha creato: il Movimento Sociale Fiamma Tricolore. Il suo delfino Luca Romagnoli lo ha messo alla porta. Ma Berlusconi ha deciso che nelle liste di Forza Italia ci sarà un posto anche per lui e per il suo nuovo partito, Movimento Idea Sociale. Pino Rauti lo ha ripagato spiegando in una recente intervista al Corriere della Sera di essere rimasto fedele agli ideali del fascismo rivoluzionario di Salò. E cantando le lodi dell’attuale presidente del consiglio: nessun politico di oggi assomiglia tanto a Mussolini.

Gaetano Saya, arrestato dalla Digos allinizio di luglio per le attività eversive della sua polizia parallela antiterrorismo, è il fondatore di un partito patacca. Fortuna vuole che questo partito abbia il nome e il simbolo del vecchio Movimento Sociale Italiano, l’attuale An. Berlusconi non se l’è fatto scappare e ha pubblicamente annunciato l’alleanza facendosi fotografare accanto alla moglie. Saya si mostra riconoscente: nell’ultima lettera pubblica lo chiama Eccellenza e promette: «Sappia il Popolo Italiano che essendo uomo d’armi, d’onore e d’azione combatterò oltre la morte la bestia rossa comunista come è mio uso e costume, “mai un passo indietro”».

Da Arcore a Salò
di Antonio Padellaro

No a candidati impresentabili, ha detto Lorenzo Cesa, segretario Udc e gli va dato atto di aver pronunciato, finalmente, parole chiare di ripulsa nei confronti dell’incredibile numero di fascisti arruolati da Silvio Berlusconi, intento a raschiare il barile dell’elettorato nero e della decenza. Da Rauti ai teorici di Forza Nuova e delle razze superiori, il presidente del Consiglio non si ferma davanti a nulla sfidando la vergogna del mondo intero, speriamo per l’ultima volta. Sarebbe come se Chirac si fosse alleato con Le Pen o la Merkel con i neonazisti tedeschi, un patto ignominioso che avrebbe sicuramente dato luogo, in tutte le nazioni civili, a una rivolta morale prima che politica. In Italia, invece, niente: l’intesa tra Arcore e Salò non ha suscitato reazioni percepibili, perfino quando è venuta a galla la disgustosa vicenda Saya. Come i lettori dell’Unità sanno (e molti altri lettori di molti altri giornali non hanno invece avuto la fortuna di sapere) stiamo parlando di quel soggetto, leader di un partitino dedito all’esaltazione di fascismo e nazismo, tempo fa costretto agli arresti domiciliari per oscure attività parapoliziesche. Costui, passa il tempo (oltre che a insultare e minacciare ripetutamente Furio Colombo e i giornalisti dell’Unità) a vantare la propria devozione nei confronti di Silvio Berlusconi, di cui si proclama fedele alleato politico, senza essere stato mai smentito. Non una voce di protesta si è levata dai galantuomini di Forza Italia, evidentemente abituati a ingoiare di tutto. Non un sospiro dal presidente di Alleanza Nazionale, forse frenato da vecchi istinti camerateschi. Quanto ai Casini e ai Follini erano così concentrati sulla difesa dei valori da non accorgersi del lugubre velo nero con cui il loro candidato premier li stava incartando. Adesso Cesa ammette che i fascisti sono impresentabili. Vedremo se li presenteranno.