Italia razzista nel rapporto Raxen: un caso ogni 43 ore, 13 morti in un anno

Razzismo-italiano Gli strumenti esistono. Chi si domanda se c’è un’ondata di razzismo in questi giorni, chi risponde che non si può parlare di razzismo, chi semplicemente non sa come valutare i fenomeni di questi giorni può dare un’occhiata al rapporto RAXEN curato dall’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Ue e che esiste dal 2002.

Ebbene nel periodo dell’ultimo studio, tra il settembre 2005 e il settembre 2006 gli episodi comprovati di razzismo commessi da cittadini italiani verso cittadini extracomunitari sono stati 203, uno ogni 43 ore. In almeno 13 casi la discriminazione razziale è stata in tutto o in parte causa della morte dell’immigrato.

Forse, anzi sicuramente, la situazione nel frattempo è peggiorata, ma chi scrive o afferma che l’Italia non è razzista o che degli episodi gravi di questi giorni non vi fossero le avvisaglie o non sa di cosa parla (e allora dovrebbe stare zitto) o sta mentendo.

Dei 203 episodi di razzismo studiati dal rapporto, in ben 94 casi si è trattata di violenza fisica. Nel periodo studiato si sono registrati 39 casi di maltrattamenti o aggressioni, uno ogni nove giorni e in sei casi di abusi o violenze da parte della polizia.

In 15 casi la xenofobia è stata rilevata in sentenze di tribunali dove si è ravvisata la discriminazione razziale, 36 sono stati i casi di antisemitismo (e c’è chi in malafede da sinistra sostiene che non sia un problema) e 28 quelli di islamofobia, 22 i casi contro i Rom ma oltre un terzo dei casi di razzismo è denunciato da immigrati africani che certa pubblicistica dipinge come trattati con più condiscendenza.

Gli autori dei crimini razzisti sono stati in 85 casi singoli o gruppi, in 19 casi forze dell’ordine, in 40 casi in istituzioni (soprattutto CPT), in 27 casi esponenti dell’estrema destra e in 23 casi esponenti della Lega Nord, un partito che oggi è al governo (per lo scorno di tutti gli italiani), mentre nove sono stati i casi di razzismo da parte di tifoserie calcistiche.

I luoghi di massima discriminazione razzista sono il lavoro (28% dei casi) e l’alloggio (20%). Sul lavoro vengono imposte condizioni vessatorie e gli immigrati sono esposti a condizioni di maggior insicurezza rispetto agli italiani e in agricoltura il 95% degli stagionali è in nero mentre per le donne la discriminazione domestica è generalizzata. Per l’alloggio viene percepito come normale e legittimo esporre cartelli o annunci dove si specifica che non si affitta a stranieri. E invece tale pratica è anormale e illegittimo. Ma questo si ritorce contro i razzisti. Per combattere alla discriminazione di agenzie immobiliari e locatari molti immigrati (+12.6%) fanno il grande passo e comprano una casa.

Infine ben il 16% dei casi di razzismo è stato perpetrato da Enti pubblici e ci vorrebbe il licenziamento in tronco per quell’impiegato pubblico e il dirigente dal quale dipende del quale fosse provato il trattamento vessatorio per motivi razziali. Ma il fatto più interessante è che il criterio con il quale il rapporto ha selezionato gli episodi è estremamente rigoroso. Le denunce all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali nel periodo trattato sono state infatti ben 3.500, circa 10 al giorno, una ogni due ore e mezzo. E poi c’è il sottobosco del microrazzismo, la battuta che ferisce, la scortesia, la prevaricazione, l’insulto, l’essere vittima del pregiudizio costante che rende la vita invivibile.

Insomma, complimenti a chi sostiene che in Italia non c’è razzismo.