Tutto sereno (a parte la crisi) per Matteo Renzi

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La partecipazione elettorale è una variabile virtuale della politica. Sterile da sempre attribuire gli astenuti a questo e a quello e ancor più vaneggiare di un inizio della fine di Matteo Renzi per la bassa partecipazione alle amministrative calabro-emiliane, come fa tra gli altri Gad Lerner.

Piuttosto, la lenta uscita di scena di Berlusconi e del centro-destra ottimista come lo abbiamo conosciuto negli ultimi vent’anni, appiattito sull’estremismo para-fascista della Lega Nord, rappresentano lo scenario più desiderabile per Matteo Renzi e il Partito Democratico. La storia può ripetersi, ma forse neanche Hitler ha vinto elezioni esclusivamente con l’odio, come pretende di fare Salvini con un discorso che fa impallidire perfino il lepenismo al quale è accomunato. Con un Salvini candidato (o che appaia egemone) nello schieramento a lui avverso, l’Italia di Matteo Renzi rivivrà una [legittima] conventio ad excludendum, con un dibattito politico deprimente, ma dal risultato scontato. Al razzista post-padano verranno lasciati il monopolio dei talk show, tanti voti e la rappresentanza – eterodiretta e con la complicità dei media – dell’odio dei penultimi contro gli ultimi, e al centrista toscano andrà Palazzo Chigi, forse perfino libero dal discutere con gli Alfano e i Cuperlo.

Più interessanti sono allora le praterie dove Renzi sembra muoversi a totale agio. La battaglia demagogica antisindacale di queste settimane, lo sposare parole d’ordine storiche del centro-destra, come quella contro i sindacati, l’indifferenza per il pubblico impiego e il silenzio assordante su temi quali evasione fiscale e corruzione, hanno completato un processo di posizionamento egemonico che coopta la palude ben oltre il bacino dell’antico Partito Popolare, rendendo coatto il suffragio dei milioni di onesti che votano PD, e porterà più presto che tardi il paese alle urne. Queste, piaccia o no, offriranno a Renzi l’opportunità che non hanno avuto né Prodi, né Veltroni, né Bersani: governare. Per farci cosa, dovrà dimostrarlo.

D’altra parte oltre il Nazareno che dà il governo a Renzi in cambio della roba a Berlusconi, resta poco. Vi è l’evaporazione del Movimento 5 Stelle, con Beppe Grillo che, avendo scelto di competere con la destra, ricorda sempre più lo scorpione della favola di Esopo. Vi è l’ennesimo aborto di una sinistra incapace di tradurre in rappresentanza la presenza viva nelle lotte sociali e quella in un dibattito culturale che nel paese è ai minimi termini. Nonostante l’irrisolvibilità della crisi del modello economico vigente, anche quando si evocano numi tutelari stranieri, come l’importazione del dio greco Tsipras, bisognerà prendere atto della residualità elettorale della sinistra come un dato oggettivo dei nostri tempi.