Siamo morti democristiani

silviopapa Tre notizie ci danno la misura dello slittamento anche simbolico dell’intero quadro politico/culturale del paese, al quale corrisponde un triste processo involutivo della società italiana. La prima notizia ha fatto il giro del mondo ed è il letterale prostrarsi davanti al papa di Silvio Berlusconi. Il capo del governo ha compiuto un gesto che né Alcide De Gasperi, né Amintore Fanfani, Aldo Moro o Giulio Andreotti avevano compiuto prima di lui in una dimostrazione di sudditanza anche plastica all’altra riva del Tevere.

Al laico, plurinquisito, puttaniere e divorziato Berlusconi, non è bastato garantire a Joseph Ratzinger soldi, molti soldi, in un ribaltamento concettuale dell’evangelico “date a Cesare quel ch’è di Cesare”. Ha avuto bisogno di marcare l’accettazione di una verticalità di rapporti che né con le guarentigie savoiarde, né con il patto Gentiloni, né con la conciliazione mussoliniana, l’articolo 7 togliattiano o il concordato craxiano, nessun dirigente politico dello Stato italiano, quasi tutti cattolici di ben più specchiata fede e moralità rispetto al padrone di Canale5, aveva mai ritenuto né opportuno né utile accettare. Al papa tedesco non si può dar colpa, è passato all’incasso di un successo facile facile che porterà frutti per tutta la legislatura e ben oltre.

Infatti, la seconda questione è l’importante lettera di Francesco Rutelli con la quale dichiara definitivamente inconciliabile il Partito Democratico con il PSE, il Partito Socialista Europeo. Il PSE non è propriamente il Comintern, ma l’Italia, a dar retta a Rutelli ed i suoi, rischia di ritrovarsi all’assurdo di un sistema bipartitico composto da due entità entrambe afferenti al PPE, la casa dei grandi partiti di centro-destra europei, oppure all’ancor più stravagante ipotesi di un PD parcheggiato in un limbo senza precedenti in Europa.

Invece di ritirarsi a vita privata dopo la rovinosa, disastrosa, personalissima sconfitta nelle elezioni romane che hanno consegnato la capitale a Gianni Alemanno, Francesco Rutelli è sempre più centrale nella vita del PD. Dapprima si è seduto su una delle due poltrone più importanti che restano all’opposizione, quella di controllo dei servizi segreti. Quindi sta conducendo il suo partito o verso una spaccatura esiziale e traumatica o, più plausibilmente, definitivamente al centro politico in concorrenza ma non in contrapposizione col PdL di Silvio Berlusconi. In concorrenza (per il potere) ma non in contrapposizione, e per quel 30-35% di italiani che si ostina a considerarsi di sinistra vale più che mai la massima morettiana: “con questa classe dirigente non vinceremo mai”.

Il terzo passaggio è l’emendamento che considera le prostitute pericolose “per la moralità pubblica” e di conseguenza il cliente sostanzialmente vittima innocente di queste. Da Sant’Agostino in avanti, è la donna a indurre l’uomo al peccato e quindi sono le prostitute (anche quelle minorenni?) ad attentare alla moralità dei clienti e non i clienti a corromperle. Il tema meriterebbe più ampia trattazione, ma quello che è sicuro è che per la foia espulsiva dei ragionier Brambilla che ci governano (e che coincidono con i milioni di ragionier Brambilla che vanno a puttane e poi votano PdL o Lega Nord) tutto fa gioco per colpire, espellere, incarcerare chi è più debole. Confortano allora le parole di un vecchio democristiano del PdL, l’ex-ministro degli Interni Beppe Pisanu: “è aberrante attribuire unilateralmente alle prostitute di strada il presunto reato contro la sicurezza e la moralità pubblica, assolvendo a priori i loro clienti”.

Beppe Pisanu, come già Romano Prodi, è un “cattolico adulto”, in grado di discutere e ragionare con la propria testa. Come i grandi dirigenti democristiani del passato conosce e rispetta la laicità e possiede il senso dello Stato. Con miopia Joseph Ratzinger, e con lui la CEI, preferiscono di gran lunga i conversi, i falsi cattolici per convenienza come Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli, disposti a tutto per il potere. Con loro non si discute, anche perché ti danno sempre ragione; si commercia consenso politico e si fanno buoni affari. La situazione è così triste che se fossimo morti democristiani forse avremmo sofferto meno.