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Gli "esperti" di America latina, ovvero l’arte di arrangiarsi a spese di chi ascolta o legge

Per parlare del Paraguay e di Fernando Lugo, il GR1 delle 13 ha intervistato tale Aldo Pigoli, vicedirettore di Equilibri. Il nostro ha detto una serie di cose che mi sembrava di aver già letto stamane da Pierino, il bar all’angolo del mio Dipartimento, sulla Gazzetta dello Sport o sul Resto del Carlino. Pazienza, del resto apprezzo lo spazio dedicato dai vari GR alle elezioni in Paraguay. Insomma era accettabile fino a che Pigoli non ha calato l’asso, proprio alla fine, quando ha nominato il “Venezuela di Sciavèzzz“. E qui casca l’asino nel senso letterale del termine.

Chi dice Sciavèzzz invece di Chávez, non solo non conosce lo spagnolo ma non ha mai sentito pronunciare il nome del presidente Hugo Chávez da qualcuno che conosce lo spagnolo, né l’ha neanche visto scritto bene (con l’accento); ergo è un sedicente esperto di America latina che si spaccia come tale ai microfoni del servizio pubblico.

Intendiamoci, il servizio pubblico è in buona compagnia quando si tratta di spacciare per competente chi competente non è. Perfino il migliore dei quotidiani italiani per quanto concerne l’America latina, Il Manifesto, a fianco dell’eccellente Maurizio Matteuzzi, fa scrivere una simpatica signora (il nome non lo fo) che dichiara allegramente e pubblicamente di non conoscere lo spagnolo, e considera il più grande quotidiano di sinistra al mondo, La Jornada di Città del Messico, che evidentemente non ha mai letto, come i “fratellini minori del Manifesto, dai quali non abbiamo nulla da imparare”. Potrei fare altri esempi di sedicenti esperti, ma tanto basta.

E’ necessario denunciare la gravità di queste situazioni. In Italia esistono almeno tre grandi vecchi, prestigiosi e scrupolosissimi giornalisti, che possono commentare con proprietà qualunque notizia sull’America latina. Italo Moretti e Maurizio Chierici vengono sentiti molto saltuariamente e sul nome di Gianni Minà, direttore della più importante rivista sull’America latina, esiste un veto e una damnatio memoriae criminale e peggiore, perchè non dichiarata, dell’editto bulgaro di Silvio Berluconi contro Biagi, Santoro, Luttazzi.

Ma anche a non voler guardare ai patriarchi, ci sono giovani che stanno crescendo in maniera eccellente. Studiosi giovani, ma già strutturati nelle nostre Università, come Benedetta Calandra o Pier Francesco Galgani, sono totalmente ignorati per preferire loro un Pigoli qualsiasi e giornaliste giovani, ma che hanno affrontato durissime gavette su e giù per le Ande dalle quali cominciano a cogliere meritati frutti, penso a Diletta Varlese che proprio il Manifesto fa scrivere rarissimamente, meriterebbero ben altre opportunità rispetto a chi non sa neanche la lingua. Del resto, la generazione dei sessantenni, quelli del ’68 per capirci, ha avuto opportunità molto al di là dei propri meriti. Adesso sono gli stessi che le negano ai giovani.