«Girlfriend in a coma»: il film che l’Italia non deve vedere in campagna elettorale

Il film documentario di Annalisa Piras «Girlfriend in a coma» sull’Italia degli ultimi vent’anni, che ha come protagonista e ispiratore l’ex direttore dell’Economist Bill Emmott, e che è difficilissimo vedere in campagna elettorale, ha il grande pregio di essere quasi del tutto scevro dallo sprezzo e dalla saccenza con i quali molti intellettuali stranieri guardano al nostro paese e che rendono in genere irricevibile il loro punto di vista per quanto informato.

Oltre a essere documentato, indubbiamente bravino, e con le porte di decine di intervistati eccellenti che si aprono al biglietto da visita intestato Economist, Emmott appare davvero provare empatia per la sua fidanzata in coma. Cosa insolita per un nordeuropeo, Emmott non appare avere una visione dell’Italia come altro da sé. Anzi, vede la crisi italiana come prodromica del declino occidentale. I nostri mali, in forma parossistica e anticipata, sono quelli d’Europa. Meno riuscito è il tentativo di Emmott di crearsi come personaggio, vorrebbe essere un po’ Alfred Hitchcock, un po’ Alan Friedman, un po’ –paradossalmente- Riccardo Iacona. S’aggira tra i nostri splendori e miserie, ma resta sempre un po’ ingessato.

Poco male perché i contenuti ci sono e la regia ha mano ferma e agile, bella fotografia, bella grafica, un ottimo prodotto meritevole di miglior circolazione anche in campagna elettorale e non di censura preventiva. Da buon anglicano Emmott individua nei «papisti» il male storico italiano. È il cattolicesimo, è la tesi perfino troppo semplicistica e rassicurante, il grande male d’Italia che prepara per secoli il terreno ai  tumori, prima il fascismo, poi il berlusconismo. Il giornalista che ha pubblicato le più dure critiche di marca liberale dell’Italia degli ultimi vent’anni non fa sconti ed è consolatorio per quelli –tra i quali chi scrive- che hanno sempre pensato che l’appeasement, l’ignavia verso il satrapo –incarnata dai Massimo d’Alema- ci abbia fatto buttare i migliori anni della nostra vita e ipotecato quelli che restano. È l’ignavia il male peggiore causato dal cattolicesimo secondo Emmott che, come Dante (Inferno, III), ci rimanda all’inferno.

Su Berlusconi Emmott non fa mai sconti. Sguinzaglia Marco Travaglio, Nanni Moretti e vari altri. Berlusconi va schiacciato alle sue responsabilità. È un male che deve essere estirpato. Cose ovvie, eppure fatte passare in Italia per anni come deliri estremisti dal nostro mainstream disinformativo. Poi è buono l’excursus sintetico su altri mali d’Italia, il doppio stato, la criminalità organizzata, il mezzogiorno (efficaci Gratteri e Saviano), la condizione delle donne (ottima Zanardo) e non mancano i cervelli in fuga. Sul suicidio educativo ridicolizza, senza citarli, i nostri fondamentalisti neoliberali alla Zingales, Giavazzi o Andrea Ichino, con i quali per altri versi andrebbe volentieri a cena, ma che vorrebbero completare lo strangolamento di scuola, università e ricerca. Senza un ritorno massiccio all’investimento in educazione –è la lezione- non si va da nessuna parte.

Tuttavia, va chiarito, il manicheismo con il quale Emmott separa l’Italia buona dall’Italia cattiva è funzionale alla sua visione di mondo. «Girlfriend in a coma» è un documentario di marca prettamente liberale che è più di un endorsement per Mario Monti rappresentato come una sorta di gigante buono del Mulino bianco non dissimile dal Berlusconi della prima ora. Di passaggio, e parlando della condizione della donna, l’unica intervistata identificabile come di sinistra è Susanna Camusso. Quando si usano immagini delle più crude sulla morte di Carlo Giuliani si fa per rappresentare la brutalità della polizia, mai le ragioni dei movimenti. La sinistra, le alternative alla crisi del modello neoliberale non ci sono, è inutile cercarle. Avessimo avuto Margaret Thatcher invece del consuocero di Moubarak, in Italia sarebbe andato tutto bene o quasi.

Con il Senatore a vita, l’Italia buona è quella rappresentata da Elsa Fornero, Sergio Marchionne, John Elkan, il rampollo di casa Ferrero che magnifica la genialità dell’invenzione della Nutella da parte del nonno. È evidente che è un punto di vista diffuso fuori d’Italia –non necessariamente liquidabile come superficiale o destrorso- con il quale fare i conti. Per farsi raccontare l’Italia Emmott si rivolge così ad una classe dirigente giovane, presentabile, che sa l’inglese e che sembra conoscere il mondo, almeno la parte che interessa al giornalista britannico. In pochi tra gli over 50 (Umberto Eco, Giuliano Amato…) si azzardano a parlare la lingua di Shakespeare. È una differenza che stride e che fa da spartiacque.

Vale la pena vederlo, «Girlfriend in a coma», non foss’altro perché Giovanna Melandri l’ha censurato al Maxxi. Ma val la pena vederlo scevri da quel colonialismo mentale nel quale spesso, per noi italiani, è dolce naufragare. E sapendo che non basterà tra sette giorni rimandare Berlusconi nelle fogne della storia per un nuovo miracolo italiano.