Tre seggi, e può cambiare il Senato Nel Lazio in bilico arriva anche Totti

Quindici senatori a chi vince, 12 a chi perde e a chi strappa l’8 per cento Il ruolo cruciale di Sinistra, Udc e la Destra. Decisivo il duello Storace-Ciarrapico
di CLAUDIA FUSANI

<B>Tre seggi, e può cambiare il Senato<br>Nel Lazio in bilico arriva anche Totti</B>

Giuseppe Ciarrapico, n.11 per il Pdl al Senato nel Lazio

ROMA – Se Bossi si fosse morso la lingua prima di dire “imbracciamo i fucili e andiamo a prendere la canaglia centralista romana”, il Cavaliere sarebbe stato assai più contento. Perché è dura spiegare all’elettorato moderato del Lazio e di Roma l’ennesima intemperanza verbale dell’alleato senatùr. Prima del voto, nella regione che più di tutte – tra quelle in bilico – deciderà l’assetto del Senato. E soprattutto poche ore prima dall’ “entrata in campo” di Francesco Totti con le sue dichiarazioni pro-Rutelli sindaco che certo non lasciano indifferenti i cuori dei cittadini della capitale.
Dal punto di vista del Pdl non semplifica le cose neppure quel comizio gemello e nostalgico che Giuseppe Ciarrapico, candidato n.11 alla Camera nel partito di Berlusconi, ha tenuto a Littoria-Latina, basso Lazio, pochi giorni prima di quello tenuto dal leader della Destra Francesco Storace. Erano amici, fino a un mese fa, il re delle acque minerali e l’ex Epurator, stessa fede fascista, stesso disprezzo per il revisionismo di Fini. Invece poi le logiche contabili delle elezioni e le ambizioni personali li hanno divisi e messi addirittura contro. E loro che fanno? Organizzano il comizio nello stesso posto. Per sbranarsi.

Roma, ago della bilancia. La confusione è tanta e la posta in gioco è alta nel Lazio, tra le regioni in bilico quella considerata decisiva per assegnare una maggioranza piena o zoppa a uno dei due principali contendenti di queste politiche 2008. Può bastare una manciata di voti per ribaltare previsioni e sondaggi, molte scelte avvengono proprio in queste ore di vigilia elettorale e una frase, uno slogan, un comizio possono spostare diecimila voti in un soffio. Soprattutto nel comune di Roma che con oltre due milioni di aventi diritto rappresenta il 40 per cento dell’elettorato laziale. Ecco che tutti i candidati premier ci mettono un di più di grinta e spregiudicatezza nei comizi finali per prendersi una fetta di indecisi. Berlusconi e Bertinotti ieri sera sotto l’Arco di Costantino il primo e in piazza Navona il secondo; Veltroni in piazza del Popolo oggi pomeriggio (ore 17.30) e il duetto Storace-Santanché (stessa ora, piazza del Pantheon) per finire con Casini davanti a Castel Sant’Angelo: ultimo giro di carte, poi i giochi sono fatti e finiti.

Qualche numero può illuminare. Il premio di maggioranza al Senato è attribuito su base regionale – il 55 per cento dei seggi a chi vince anche di un solo voto, il restante 45% suddiviso fra chi perde e i poli minori di qualsiasi schieramento essi siano purchè abbiano raggiunto l’8% – e ogni regione fa storia a sé. Il Lazio mette in palio 27 senatori, 15 per chi vince, 12 per chi perde, una differenza minima, tre senatori che però sappiamo quanto possano essere decisivi a palazzo Madama. Tra averli e non averli può passare la differenza tra vittoria e sconfitta. Nel 2006 la regione è stata conquistata dalla Cdl, con uno scarto di appena 37 mila voti, il 50,2% contro il 49,1. La situazione oggi non è molto cambiata. E’ modificata invece, e molto, l’offerta politica. E questo rischia di fare la differenza.
Quei guastafeste dei poli minori. Ancora una volta, come in Liguria, Abruzzo, Sardegna e Calabria, per tentare di capire cosa succederà nel Lazio occorre vedere soprattutto come si stanno muovendo la Sinistra di Bertinotti, L’Unione di centro di Casini, Tabacci, Baccini e Pezzotta, e La Destra-Fiamma tricolore di Storace-Santanché-Romagnoli. Rifondazione Verdi e Comunisti nel 2006 presero al Senato il 13,1% a cui va aggiunto lo spicchio della sinistra di Mussi. Significa che Bertinotti capolista alla Camera e la verde Loredana De Petris, n.1 al Senato, possono trainare La Sinistra-L’Arcobaleno verso un seggio sicuro a palazzo Madama ma possono puntare anche verso il raddoppio. I due seggi verrebbero ovviamente sottratti alla fetta del 45 % dei seggi riservati a chi perde. Un esempio: se il Lazio va al Pd (15 senatori), al Pdl non ne vanno 12 pieni, ma dodici meno quelli rosicchiati dalla Sinistra (uno o due). E magari dalla Destra e dall’Udc a cui potrebbe tranquillamente andare un seggio a testa. Se così fosse significa che al Pdl andrebbero 7-8 senatori. L’esempio può essere fatto a ruoli ribaltati: se vince il Pdl, il Pd dovrà rinunciare a quei seggi rosicchiati dai due poli minori. Sono numeri a una cifra quelli che ballano. Ma sono pesantissimi.

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Daniela Santanchè e Francesco Storace, ticket di La Destra

Voto disgiunto. Con questo schema ben chiaro davanti agli occhi i candidati grandi e piccini si sono lanciati in queste settimane in una campagna elettorale vecchio stile. “Tecniche moderne ma anche strumenti classici come il porta a porta, come se ancora sopravvivesse quella magnifica invenzione della democrazia che è la preferenza sulle schede” racconta la verde Paola Balducci, n.5 alla Camera in Lazio 1 per la Sinistra. C’è stato di tutto in questo mese: il bar dei tifosi a Aguillara a parlare, durante un Roma-Genova, di bullismo e scuola, dei disagi dei piccoli comuni come il pendolarismo e dei vantaggi, come la possibilità di fare una vera raccolta differenziata; le visite negli ospedali di Marino e Frascati; gli incontri nei mercati a toccare con mano il carovita; il faccia a faccia con i genitori del Moige; i dibattiti sulle unioni civili e la lotta contro tutte le forme di discriminazione. “Per cercare di spiegare che la parola sinistra è ancora un concetto preciso” dice Balducci.
La Sinistra “spera” che nel Lazio vinca il Pd così strappa i suoi seggi al Pdl. La Destra, invece, se può fregare un senatore a Fini e a Berlusconi che si sono “comprati” la candidatura di Ciarrapico è ancora più contenta. Romagnoli, leader della Fiamma, aveva promesso che avrebbero inseguito Fini in tutte le piazze del Lazio per far vedere chi è veramente coerente con la propria storia. Così quando Ciarrapico ha convocato il comizio a Latina-Littoria, Storace ha chiamato i suoi camerati il giorno dopo. E poi a Ceprano, Formia, Fermentino, Gaeta, quel sud della regione dove nel 2006 An ha strappato il 18 per cento. Ma allora c’era anche Storace. E ora quanto resta ad An confluita nel Pdl? E quanto si porta via La Destra? Guerra di nervi ma anche di nodi in gola, tradimenti e nostalgie questa della Destra contro An.
Ovunque siano andati, i candidati dei piccoli poli hanno dovuto combattere anche un’altra battaglia, una in più, quella contro il voto utile e sull’opportunità del voto disgiunto. De Petris, capolista al Senato per la Sinistra, avvisa: “In queste ore stanno circolando falsi sondaggi che vengono utilizzati in modo strumentale per orientare gli elettori verso l’inganno del voto utile. Denunceremo pubblicamente, e nelle sedi opportune, – sottolinea la senatrice verde – quelle forze politiche e quelle persone che, in queste ore, stanno mettendo in giro falsi dati al solo scopo di indurre gli elettori di sinistra a votare per loro ai danni della Sinistra Arcobaleno”.
Il voto disgiunto, invece, – due indicazioni diverse tra Camera e Senato – è un calcolo che va fatto regione per regione tenendo presente quale partito o coalizione è destinato a prendere il premio di maggioranza. L’Unione di centro ad esempio, trainata nel Lazio da Mario Baccini, capolista al Senato Alessandra Borghese, sembra destinata a prendere molto, di qua e di là, restando al centro appunto.
“157 senatori al Pdl, l’ipotesi più obiettiva”. Che equivale però alla non governabilità. Il calcolo è di Nico Stumpo, vice-responsabile nazionale dell’organizzazione del Pd. Stumpo dà per scontata l’affermazione del Pd al Senato in Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Basilicata mentre il Pdl avrebbe già in tasca Lombardia, Veneto e Sicilia. “Se nel resto della regioni ipotizziamo – spiega Stumpo – la vittoria del Pd in Liguria e Lazio, il superamento dell’8 per cento da parte della Sinistra in Liguria, Toscana, Marche, Umbria e Lazio e da parte dell’Udc in Campania, Puglia e Sicilia, il risultato finale sarebbe 157 senatori al Pdl – uno sotto la soglia fatidica di 158 – 144 al Pd e sette a testa a Sinistra e Udc”. Sarebbe il caos. Ciò che Berlusconi vuole assolutamente evitare.