Il perdonismo su Amandola riproduce il peggio dell’Italia

Lunedì mezzo mondo ce l’aveva a morte con Giampiero Amandola, il cronista del TG3 Piemonte che aveva istigato all’odio razziale alcuni tifosi della Juventus, peraltro ben felici di farsi istigare. A conti fatti però mi sono convinto che molti tra quelli che si lamentavano si beassero soprattutto del poter fare una volta di più le vittime: “che scandalo, anche questa volta non faranno niente”.
 Adesso che invece qualcosa sta succedendo, il razzista è stato sospeso, stipendio compreso, e va incontro a sanzioni (vedremo quanto pesanti), i bravi italioti sono tutti molto preoccupati: vabbé non esageriamo, vabbé, ma pure lui tiene famiglia, vabbé poverino… E giù con benaltrismi di varia natura: perché non paga il suo caporedattore, ma novanta minuti di cori razzisti dello Juventus stadium restano impuni… e così a seguire. Insomma si sono spaventati che per una volta non finisca a tarallucci e vino.
No! Non deve finire a tarallucci e vino. Lo volete un paese dove chi sbaglia paga? La invidiate o no la Germania dove un ministro ha la carriera stroncata se copia una paginetta su 600 della tesi dottorale (e il dottorato l’ha fatto!)? Io sì, lo desidero ardentemente e invidio la Germania con tutto me stesso.
Il signor Amandola è un maturo giornalista professionista che ha usato il servizio pubblico per diffondere disgustose idee discriminatorie e razziste sanzionate dal codice penale. Subirà un procedimento disciplinare, un processo, mi iscrivo fin d’ora al partito colpevolista perché mi sento gravemente calunniato da tale individuo. Sarà un pesce piccolo, sarà un capro espiatorio, d’accordo, ma il fatto che si metta un punto, e per una volta in questo diavolo di paese qualcuno paghi per il razzismo dilagante, resta giusto e riparatorio.