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Massimo Cavallini e l’assassino di Roque Dalton

dalton [1] Personaggi e interpreti:

Massimo Cavallini, ex giornalista dell’Unità, dopo il fallimento del quotidiano fondato da Antonio Gramsci nel 2000, non si è perso d’animo e si è trasferito in un sobborgo per benestanti di Miami, Florida. Da lì detta la linea per il quotidiano comunista Liberazione, ascoltatissimo dal direttore, Piero Sansonetti. La missione di Cavallini, quella per la quale sta a Miami, è riposizionare la sinistra italiana contro i governi integrazionisti latinoamericani e in particolare contro il governo venezuelano. Solo casualmente la sua missione coincide con gli interessi della CIA, delle mafie cubane di Miami, del Grupo Prisa spagnolo, delle multinazionali che depredano da decenni il continente, e ainda mais.

Joaquín Villalobos, stalinista, ex guerrigliero salvadoregno, è l’assassino del poeta e rivoluzionario Roque Dalton (nella foto), uno dei più grandi intellettuali latinoamericani del XX secolo. Lo ammazzò dopo un processo sommario e al termine dell’esecuzione Villalobos lasciò il corpo di Dalton in pasto agli avvoltoi. Oggi molta acqua è passata sotto i ponti. Il sicario di Roque Dalton (se glielo domandano, alza le spalle e definisce quell’omicidio "un peccato di gioventù") è diventato consigliere del presidente colombiano Álvaro Uribe.

A tempo perso è editorialista del quotidiano madrileno El País, del Grupo Prisa, che, nonostante in casa sia un quotidiano di centro sinistra, in America latina è l’House Organ delle multinazionali spagnole, complice del golpe dell’11 aprile 2002 a Caracas, appoggia i governi più di destra del continente, a partire da quello messicano di Felipe Calderón fino a quello colombiano di Álvaro Uribe, e spende milioni di Euro nel sistematico intento di disinformare contro tutti i governi integrazionisti latinoamericani.

Il fatto:

La vicenda è quella dell’imponente marcia su Bogotà delle destre colombiane contro le FARC, della quale abbiamo dato ampiamente conto [2]. Ebbene Massimo Cavallini (ma evidentemente a Liberazione dove Cavallini spadroneggia, la cosa sta bene) nasconde ai suoi lettori la vera identità di Villalobos. Cavallini fa finta di non sapere che Villalobos sia l’assassino a sangue freddo di un poeta, e che poeta, un episodio così efferato da aver marcato la storia latinoamericana. Ne nega e ne offende così anche la memoria. Cavallini fa finta di non sapere che Villalobos sia oggi dichiaratamente, pubblicamente a libro paga di Álvaro Uribe, che per inciso, nonostante a Cavallini (e Sansonetti? e Bertinotti?) piaccia tanto, è il governante più di destra che c’è forse al mondo, e collaboratore di un quotidiano furiosamente antilatinoamericano come El País di Madrid.

Per il giornalista di Liberazione tutto ciò non è importante. Anzi: l’opinione (prezzolata) di Villalobos gli è fondamentale per costruire la sua tesi: quella che il 4 febbraio sarebbe stata la più grande manifestazione nella storia della Colombia e tanti colombiani sarebbero scesi in piazza per dire soprattutto: "Chávez, giù le mani dalla Colombia". Ciò nonostante un serie importante di soggetti, non legati al governo Uribe né a quelli di Madrid e Washington, che vanno dai parenti degli stessi sequestrati colombiani delle FARC, all’opposizione di quel paese, a una lista enorme di ONG in difesa dei diritti umani, considerino la mediazione venezuelana e dei governi integrazionisti latinoamericani come indispensabile.

Tortuoso giro: le tesi di un sicario stalinista oggi al soldo di un governo parafascista, sono usate da un giornalista di Liberazione, di stanza a Miami, per convincere che quel governo parafascista sia buono e invece i governi di sinistra siano cattivi.

Ma è proprio la mediazione dei governi integrazionisti latinoamericani in Colombia che va diffamata e boicottata in tutti i modi perché rappresenta un’America latina che da sola trova la propria via per la pace. La guerra, pertanto, per i Villalobos, i Cavallini, gli Uribe, deve continuare. Lo vuole Washington, lo vuole Madrid, lo vuole Bogotà: meglio la guerra, meglio far finta che le FARC (che chi scrive non difende [3]) siano battibili militarmente e continuare a dissanguare il paese con più profughi al mondo. Meglio sostenere, come sbraita da sempre Cavallini, che nessuna prospettiva di pace è possibile in Colombia. E’ che solo così, boicottando ogni prospettiva di pace, si podrà evitare che l’America latina trovi la propria strada. Visto da Miami è un affare.

I Villalobos, i Cavallini, e di conseguenza i Sansonetti, sono solo delle pedine. Ma la presenza, il ruolo sinistro dell’uomo di Miami, interroga la stampa di sinistra italiana e la coalizione che si presenta a sinistra del PD: perché Liberazione ha scelto che gli elettori della Sinistra arcobaleno debbano essere disinformati sull’America latina? Chi è davvero Cavallini?

Non è il momento di uno strappo? Non è il momento di liberare i lettori di Liberazione dallo squallore di una persona che si fa scudo perfino del sicario di Roque Dalton, oggi collaboratore del più fascista dei governanti latinoamericani, il narcoparamilitare Álvaro Uribe, pur di attaccare i governi integrazionisti latinoamericani?

Noi invece ricordiamo Roque Dalton con le parole di un altro poeta, Mario Benedetti:

 

A Roque

Llegaste temprano al buen humor
al amor cantado
al amor decantado
llegaste temprano
al ron fraterno
a las revoluciones
cada vez que te arrancaban del mundo
no había calabozo que te viniera bien
asomabas el alma por entre los barrotes
y no bien los barrotes se afojaban turbados
aprovechabas para librar el cuerpo
usabas la metáfora ganzúa
para abrir los cerrojos y los odios
con la urgencia inconsolable de quien quiere
regresar al asombro de los libres
le tenías ojeriza a lo prohibido
a las desgarraduras para ínfula y orquesta
al dedo admonitorio de algún colega exento
algún apócrito buen samaritano
que desde europa te quería enseñar
a ser un buen latinoamericano
le tenías ojeriza a la pureza
porque sabías cómo somos de impuros
cómo mezclamos sueños y vigilia
cómo nos pesan la razón y el riesgo
por suerte eras impuro
evadido de cárceles y cepos
no de responsabilidades y otros goces
impuro como un poeta
que eso eras
además de tantas otras cosas
ahora recorro tramo a tramo
nuestros muchos acuerdos
y también nuestros pocos desacuerdos
y siento que nos quedan diálogos inconclusos
recícrocas preguntas nunca dichas
malentendidos y bienentendidos
que no podremos barajar de nuevo
pero todo vuelve a adquirir su sentido
si recuerdo tus ojos de muchacho
que eran casi un abrazo casi un dogma
el hecho es que llegaste
temprano al buen humor
al amor cantando
al amor decantado
al ron fraterno
a las revoluciones
pero sobre todo llegaste temprano
demasiado temprano
a una muerte que no era la tuya
y que a esta altura no sabrá que hacer
con
tanta
vida.