Verona, trentaseiesimo femminicidio nell’anno in Italia. È emergenza nazionale

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La strage di Brescia è stato l’ultimo femminicidio in Italia solo per poche ore susseguito dal caso di Verona dove il tranquillo ragioniere di un concessionario d’auto, il signor Giovanni Lucchese, ha strangolato con le sue mani la moglie Gabriella Falzoni a mezza sera di una domenica di fine inverno. Giungono così a sette solo nello scorso fine settimana le vittime (uomini e donne) di quelli che i giornali tuttora si affannano a definire “dramma della gelosia” ed evocando in genere una sorta di concorso di colpa da parte della vittima.

Sono assassini che è più facile collocare in una sfera stereotipata di arretratezza e disagio economico e culturale che non ha alcun riscontro con i fatti. Uomini ammazzano donne al nord esattamente come al sud, cristiani ammazzano come i musulmani, i giovani come i vecchi, i ricchi come i poveri. Soprattutto gli italiani assassinano donne straniere in maniera inversamente proporzionale al contrario -stranieri che uccidono italiane- e all’infamia dei media che misurano l’allarme sociale solo sulla base della propria convenienza e dei loro pregiudizi.

Il 2012, iniziato da 65 giorni (troppi per essere un caso), rappresenta una vera esplosione del fenomeno. 36 donne uccise sono una vittima ogni 43 ore. Con questo ritmo sarebbero più di 200 alla fine dell’anno contro le 138 vittime del 2011. Una crescita spaventosa del 147%.

È tempo, a tre giorni dall’otto marzo (ma fosse anche l’8 giugno o l’8 novembre nulla cambierebbe), di fare della violenza di genere un’emergenza nazionale. Molto è possibile fare sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista della repressione del fenomeno difendendo le donne che ragionevolmente, per precedenti specifici dei loro compagni e mariti, possono essere difese.

Di più su Femminismo a Sud al quale rubo la foto.