Tonino Perna

Diavolo, io Tonino Perna l’ho conosciuto. Ero bambino e lui era un mito imprenditoriale molisano. Di più: era la rivoluzione industriale, il futuro, lo sviluppo che arrivava in uno dei luoghi più remoti d’Italia. Fine anni ‘70, primi anni ‘80. Era quello della Pop84, Tonino Perna, la fabbrica sorta dal nulla nella piana di Pettoranello, a pochi km da Isernia, un paese di 400 abitanti con almeno altri duemila paesani tra Il Canada, la Germania e la Svizzera. Faceva i jeans e moda casual. Sponsorizzava perfino la Nazionale di calcio, la Pop84, dicevano con tanto orgoglio i paesani. Come se quel marchietto, il fatto che la Nazionale viaggiasse con soldi molisani, volesse dire sentirla per la prima volta un po’ più loro, un segno ulteriore di riscatto in un’Italia dove dal Sud, soprattutto dal Sud più remoto, si doveva solo partire.

Centinaia di posti di lavoro, la superstrada ad accorciare le distanze, la fine dell’isolamento che non è uno stereotipo ma una reale esperienza vissuta da un Sud che parte da niente e va lontano senza bisogno della valigia di cartone. L’industria come alternativa alla terra e all’emigrazione. Qualcuno era tornato perfino dalla Svizzera e dalla Germania. Ci lavoravano anche le donne, più che le contadine le loro figlie, e con i primi soldi in tasca la storia e i rapporti di genere iniziavano a cambiare per sempre. Ci venivano coi pullman, col treno, da tutto il Molise e perfino dalla provincia di Caserta a lavorare nella piana di Pettoranello. Tutto questo rappresentava Tonino Perna nell’Italia, nel Molise di ieri, quando i soldi si facevano col lavoro, magari anche con lo sfruttamento, ma non con i soldi, la finanza, i marchi che sono scatole vuote.

Forse noi napoletani, i villeggianti, lo guardavamo perfino un po’ male, Tonino Perna, visto che era dallo sviluppo e dalla folla che fuggivamo e ci rompevano un po’ quei capannoni industriali in quel mito agreste di vacche e campi pieni di sassi che era l’interno del Molise di quegli anni, il pane di Sessano, le scamorze, i pochi prodotti di una terra avara. Centinaia di posti di lavoro nel tessile aveva creato Tonino Perna. La Pop, certo, ma sempre più lavorando per conto terzi. Ripensandoci doveva essere una piccola Cina quella di Tonino Perna. Forse da lì ha cominciato a perdersi, a confondere sempre più il marchio con il prodotto, l’involucro col contenuto. Adesso leggo di ville sequestrate a Capri e a Porto Cervo, di capitali off-shore, di un crack da 60 milioni, sento spezzarsi l’orgoglio di quei miei compagni di giochi e, chissà perché, anch’io sento dolore e delusione.

Persi di vista Tonino Perna, quello della Pop84 e non quello della IT Holding con la sua grande ascesa, smisi perfino di andare in vacanza a Pettoranello del Molise. Quelle rare volte che ci passo, nella piana sotto il paese, non c’è più niente.