Lo squallore del palazzo e noi, il 99%, lì fuori indignati a riprenderci il futuro

15_ottobre

Forse pochi al mondo come gli italiani hanno la sensazione plastica dell’incomunicabilità tra il palazzo e il paese reale, quello del 99% (foss’anche 80% la sostanza non cambia) che non è più rappresentato dalle caste politiche, economiche e mediatiche che in questi trent’anni hanno costruito una narrazione nella quale l’aumentare smisurato dei loro privilegi era spacciato per democrazia e libertà.

In nessun luogo come in Italia lo spettacolo indegno del crepuscolo del regime berlusconiano, il mercato delle vacche di parlamentari comprati e venduti, accompagnato da un’opposizione che si distingue per la forma ma non per la sostanza dell’adesione al modello, dovrebbe dimostrare che o nasce ora un mondo nuovo su basi completamente diverse da quelle che hanno governato il pianeta negli ultimi trent’anni, quelli della lunga notte neoliberale, o il disastro ambientale, economico, energetico, etico, sarà (se non lo è già) irreversibile.

Diciamolo subito: la preoccupazione di quanti temono un’uscita da destra per la delegittimazione totale delle classi dirigenti –non solo italiane- che è sotto gli occhi di tutti è reale e non sottovalutabile. In Italia lo abbiamo visto alla fine della cosiddetta “prima repubblica” col sorgere del leghismo e del berlusconismo spacciati come nuovo. Qualcuno teme perfino la tentazione fascistoide a rinunciare a quelle “aule sorde e grigie e farne un bivacco per i manipoli” dell’ennesimo uomo della provvidenza .

Allo stesso tempo, tale preoccupazione viene scandalosamente usata come foglia di fico da quelle stesse classi dirigenti responsabili del disastro e dai media al loro servizio. “O noi o il diluvio” presumeranno ancora più forte se oggi qualche vetrina dovesse stupidamente pagare il prezzo della rabbia semplice dei milioni che nel trentennio neoliberale hanno visto rese insicure, precarizzate, distrutte vite sia nel Sud che (adesso nessuno può più negarlo) nel Nord del mondo. E se non succederà nulla presumeranno lo stesso, perché, visto dal palazzo, il mondo reale non esiste, esistono solo le geometrie parlamentari dell’accordarsi con Casini ma non con Vendola o viceversa, salvo saltare sul carro del vincitore come successo con i referendum o con De Magistris o Zedda o Pisapia.

La verità è che il diluvio, il caos, sono loro, le classi dirigenti, non chi le contesta scendendo in piazza in 82 paesi nei cinque continenti denunciando chi il disastro ha voluto. Economisti in grado di sostenere menzogne come quella per la quale lo stato sociale toglierebbe ai poveri per dare ai ricchi; finanzieri rapaci, che torcono il braccio alla tecnologia per disporre di strumenti borsistici potenti come bombe atomiche, con i quali speculano distruggendo intere economie con un click; padroni delle ferriere, “spiriti animali”, colletti bianchi dalle mani sporche di sangue, assertori del profitto ad ogni costo, anche quando questo comporta lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, anche quando questo comporta la guerra, come per il complesso militare industriale o il crimine, come per il traffico di droga, di persone, di rifiuti. Li spalleggiano  politici corrotti, o onesti ma conniventi, che non è lo stesso ma è uguale. Incapaci di guardare al mondo reale spacciano le loro prebende per rappresentanza e la loro complicità per libera convinzione politica; prostitute e gigolò convinti che vendersi sia la soluzione per saltare sull’ultimo strapuntino del benessere materiale; disinformatori di professione, sempre pronti alla mistificazione in quella che Noam Chomsky definì la “fabbrica del consenso”.

Tutti insieme, hanno spacciato come dogmi di fede teorie economiche pensate per danneggiare molti a beneficio di pochi, millantato, mentito spudoratamente, truccato i conti per imporre un modello criminale ed insostenibile per la salute del pianeta e per il benessere di chi ci abita. Oggi vorrebbero farci credere che il debito che ci strozza lo abbiamo creato noi, le nostre pensioni, le nostre scuole e università, i nostri ospedali, le misere tutele a chi ha di meno o è nato con meno, gli insegnanti di sostegno, l’accompagnamento per gli anziani.

Balle, vergognose balle, non è il nostro debito. Il debito lo hanno creato loro, moltiplicando per cinque o per dieci il costo di un’ecografia in ospedale, triplicando il costo di ogni singolo metro di strade o ferrovie per pagare le loro tangenti, le loro prostitute, le loro centomila auto blu.

Il debito lo hanno creato con l’economia di guerra, dove un’ora di bombe su Tripoli o Baghdad costa più di quanto costerebbe costruire un ospedale all’avanguardia.

Il debito lo hanno creato non impedendo alla finanza di speculare sulla nostra moneta e speculando a loro volta, permettendo corruttele ed evasione fiscale. Il debito lo hanno creato permettendo agli squali e ai pescecani di capitalizzare sulla  precarietà di massa, impedendo a milioni di giovani di librarsi in volo e partecipare al gioco della vita, lavorando, chiedendo un mutuo, facendosi una famiglia.

Per questo e per molto di più nel mondo ed in Italia da oggi e fino a quando questa classe dirigente non sarà stata spazzata via, gridiamo la nostra indignazione per il cambiamento globale. Siamo il 99%.