Nel mirino

Stamattina alle sette, nel frazionamento (gruppo di casette a schiera recintato) dove sto vivendo a Ciudad Juárez, sono entrate tre camionette blindate della polizia federale.

In ognuna c’erano 4-6 uomini coperti da passamontagna e armati fino ai denti. Eravamo sei o sette persone nel giardinetto al centro delle case a correre o fare esercizio. Passano lentissimamente, ci osservano. L’autista del terzo blindato, insoliti occhi azzurrissimi, mi guarda fisso per lunghi secondi, ci puntano i mitra contro e proseguono, probabilmente per un arresto. Nel giro di un minuto –e non certo per mio maggior coraggio- mi ritrovo solo: tutti gli altri erano spariti lasciando deserto il piazzale.

Torno a casa e apro la posta. Una quantità insolita di messaggi di insulti, offese, aperte falsità nei miei confronti, perfino minacce mi attendono per avere osato affermare (Libia: il nemico del mio nemico non è mio amico) che Muammar Gheddafi in questi anni ha ammantato di retorica antimperialista la sua oggettiva complicità con i paesi occidentali, Italia in prima linea, nel perseguitare e assassinare migliaia di migranti. E la difesa dei migranti oggi è il primo dovere di ogni democratico.

Noto che le tonalità rosso-brune, finti ultrasinistri sempre più nazisti inside, si vanno diffondendo in questi anni melmosi e nell’autunno caldo che ci attende contribuiranno a riempire il campo di fango. La loro nullità estremista, osservate l’archetipo antisemita sempre presente nella loro bocca, corrisponde in maniera radicale alla pochezza che negli ultimi vent’anni ha portato migliaia di ex-elettori del PCI a tifare per Borghezio.

Del fatto che i nostri fratelli sulla sponda sud del Mediterraneo abbiano vissuto per decenni in dittature post-Yalta a loro non importa. Anzi, quelle dittature servivano per poter denunciare la perfidia del “nemico” e, adesso che stanno cadendo, non servono più. Men che meno importa dei migranti, con i quali sono solidali solo strumentalmente, come dimostra in maniera inequivocabile il loro appoggio senza se e senza ma, senza neanche lo straccio di un dubbio e con un cinismo politico orripilante a Gheddafi. E’ il nemico del loro nemico, quindi può essere anche Satana in persona ma a loro non importa.

Come non importa loro che nella città e nel paese dove mi trovo, dal 2008 la finta guerra al narco orchestrata dagli Stati Uniti (lo dice il NYTimes) ha massacrato nel silenzio 50.000 persone. Magari si aggrappano a guerriglie passate, alle quali giurano acritica solidarietà, ma le vere vene aperte dell’America latina e del mondo lasciano loro indifferenti.

Non mi fanno paura e delle loro calunnie mi giovo.