Quando ci indigniamo anche noi?

Il signore fané che importuna il presidente degli Stati Uniti Barack Obama con le sue piccole idiosincrasie senili, convinto di un complotto e addirittura di una dittatura che esiste solo nella sua testa, ha oramai un fare che ricorda l’ “Umberto D.” zavattiniano.
Quelle paure senili che Francesco Cossiga curava con normali tranquillanti, e che invece il re di bunga bunga ha sperato e forse spera ancora di curare con pasticche blu e assegni a molti zero con i quali compra da anni consenso, coincidono con il “decennio perduto” (per usare una categoria politica latinoamericana) denunciato perfino dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.
Poco sa, e comunque ne è controparte, delle vite degli altri, Emma Marcegaglia, nonostante intuisca che così non si possa andare avanti. Ma chi paga la crisi, la nostra crisi che non è tutta colpa del re di bunga bunga ma che questo ha lasciato degenerare, sono i lavoratori di Fincantieri, quelli dei call center delocalizzati, i precari della scuola e della ricerca espulsi dal sistema, gli studenti privati del diritto costituzionale a studiare, tutti gli under 50 (essì!) attesi da un futuro pensionistico così esplosivo che l’INPS preferisce tener segreto.
Di fronte a una situazione così grave, alla necessità di poco meno di un nuovo dopoguerra e una nuova ricostruzione, il piccolo cabotaggio della politica, e della grammatica di questa, è palesemente insufficiente. La generazione dei padri e dei nonni ha spesso beneficiato di un sistema para-socialista-clientelare permesso dalle classi dirigenti a patto di rinunciare alla rivoluzione data dalla radicale redistribuzione necessaria per sostenere un sistema davvero perequativo. Così oggi, e domani, saremo costretti a pagare per il peggio del socialismo e il peggio del capitalismo fusi inestricabilmente insieme.
Durante il ventennio, questo, non quello, l’illusione, illusionismo, neoliberale, con la sua brutalità, non è riuscito che a far emergere le contraddizioni del modello che le nuove generazioni e tutti gli esclusi pagano e presumibilmente continueremo a pagare senza remissione di peccati. Sarebbe una guerra tra poveri e si colpirebbe il bersaglio sbagliato ma perché mai un operaio cinquantenne espulso dal lavoro non dovrebbe guardare con rabbia ad un baby-pensionato cinquantenne che ha avuto la vita risolta (14 anni, sei mesi e un giorno di contributi, a volte meno) senza merito alcuno?
Ci guardiamo intorno e attendiamo la scintilla. Per intanto le vite di tutti rappresentano un nuovo neorealismo che la maschera di Umberto D. che mendica un minuto ad Obama proprio non rappresentano. Non le piazze mediorientali, non i ragazzi spagnoli, ma quando ci indigniamo anche noi?