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In difesa della nuova Costituzione boliviana. Con Adolfo Pérez Esquivel, Eduardo Galeano, Luís Sepúlveda

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La situazione in Bolivia si aggrava giorno per giorno. Bande neofasciste che agiscono in sinergia con le amministrazioni locali e che spacciano per autonomismo il loro razzismo secessionista, terrorizzano le città dell’oriente del paese e stanno preparando il colpo di mano per impedire con la forza quello che non possono fermare con il voto e la democrazia. Pertanto ho ritenuto mio dovere essere tra i primi firmatari di questo appello.

Domenica 9 dicembre, 164 componenti dell’Assemblea Costituente su 255 aventi diritto, e rappresentanti delle diverse forze politiche, hanno varato il testo della nuova Costituzione che, venerdì 14, è stato consegnato al legittimo governo boliviano e sarà poi sottoposto, per alcuni articoli, a referendum popolare.

Per la prima volta nella sua storia, il popolo della Bolivia, rappresentato da un’assemblea democraticamente eletta, ha proposto un

progetto di Costituzione attenta ai diritti di tutti i cittadini del paese.

Una nuova Costituzione che riconosce diritti e dignità negati per secoli ai popoli indigeni, rappresentanti della maggioranza della popolazione, difende i beni comuni e le risorse naturali e promuove la giustizia sociale.

La nuova Costituzione rappresenta così una tappa decisiva nella trasformazione profonda della Bolivia, portata avanti da Evo Morales, il primo Presidente indigeno dell’America Latina, malgrado le difficoltà e un’opposizione spesso scorretta e violenta, che ha costretto la maggioranza dei componenti dell’Assemblea a trasferirsi, per la votazione, dalla capitale costituzionale Sucre a Oruro (200 chilometri dalla capitale amministrativa La Paz), per sfuggire a provocazioni e atti di razzismo.

C’è, infatti, in Bolivia un’opposizione che sta attentando apertamente alla stabilità democratica della nazione, invitando alla secessione il distretto di Santa Cruz de la Sierra, il più ricco del paese. Il Presidente Morales, che l’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), riunita a Panama, ha elogiato per il processo democratico che la Bolivia sta vivendo, è stato costretto a denunciare così che “settori conservatori, sotto la spinta di interessi esterni e transnazionali, vogliono impedire che il popolo boliviano possa scegliere liberamente il proprio destino”.

Per questo, come uomini liberi, rappresentanti di tutte le categorie sociali, esprimiamo il nostro sostegno al processo democratico in corso in Bolivia, contributo fondamentale al riscatto sociale in corso nel continente, e chiediamo al mondo intero di moltiplicare gli sforzi per evitare che possano ripetersi, nella terra della civiltà aymara e quechua, colpi di stato come quello che insanguinò il Cile nel 1973. Vogliamo inoltre che sia respinta ogni ingerenza esterna o tentativo di destabilizzare o rovesciare con violenza il governo del legittimo Presidente Evo Morales. Un Presidente che, seguendo l’esperienza fatta da Nelson Mandela in Sudafrica, è riuscito nell’impresa di dar voce anche alle popolazioni indigene, maggioranza del paese, che in Bolivia, mai avevano avuto la possibilità di scegliere il proprio destino.

Gianni Minà, Alessandra Riccio, Loredana Macchietti e la redazione della rivista Latinoamerica [2], insieme a:

Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la Pace
Juan Gelman, poeta
Eduardo Galeano, scrittore
Luis Sepúlveda, scrittore
Miguel Bonasso, scrittore
Stella Calloni, scrittrice
Frei Betto, scrittore e frate domenicano
Alex Zanotelli, missionario comboniano
Ettore Scola, regista
Salim Lamrani, scrittore
Gennaro Carotenuto, storico
Grazia Tuzi, antropologa
Antonio Vermigli, giornalista
Marco Tropea, editore
Augusto Enriquez, musicista
Giuseppe De Marzo, presidente ong “A Sud”
Gianluca Ursini, giornalista
Domenico Gallo, magistrato
Enrico Calamai, diplomatico
Pietro Mariano Benni, direttore responsabile agenzia MISNA
Ignazio Fiore, avvocato
Andrea Fiore, avvocato
e molti altri che si stanno sommando.