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Oscar Niemeyer, cento anni pensando il Sud

niemeyer4 [1] Voglio celebrare oggi, nel giorno del centesimo compleanno di Oscar Niemeyer, tutta l’architettura brasiliana del XX secolo.

Oscar Niemeyer, è il genio dell’architettura, l’uomo delle curve e del cemento armato, che a cent’anni continua a lavorare e pensare che "l’architettura e il comunismo siano i due strumenti per costruire un mondo migliore". Oscar Niemeyer, il genio delle curve, le curve delle montagne, delle onde del mare, della donna, le curve che "se la retta è il tragitto pù breve tra due punti, allora la curva è la linea che cerca l’infinito". Oscar Niemeyer, il discepolo di Le Corbusier, dal quale apprende l’uso del cemento armato, ma che è il modernista che uccide il modernismo e lo rigenera in forme lontane dall’Europa. "L’architettura non deve essere funzionale, ma bella", afferma ed a meno di 40 anni è già un eretico. E’ Oscar Niemeyer, che prende per mano la Río de Janeiro barocca e la trasforma nel gioiello della modernità incastonata nel paesaggio naturale carioca più sconvolgente del mondo, restituendola così alla contemporaneità. Andate a Niteroi (nella foto più sotto) e vi sembrerà di salpare verso lo spazio ma restando pienamente tra la selva e l’Oceano.

Negli ultimi anni, almeno nell’ultimo quarto di secolo, in quante espressione irriconducibile della nostra contemporaneità è stata suturata dal postmodernismo. In primo luogo il mondo occidentale, e statunitense in particolare, non ha mai smesso di considerare il Brasile e

l’America latina tutta come subcultura e cultura subalterna (i due termini sono solo apparentemente sinonimi) alla quale guardare con paternalismo, ovvero proteggere, senza mai riconoscere caratteristiche di avanguardia, visionarietà, progresso.

niemeyer2 [2]E’ che il progresso occidentale, anche nella migliore espressione di sé, ha condotto un percorso di accettazione e difesa di quelle che considera (sic!) minoranze, le donne, i gay, i negri, il pluralismo religioso, il sud del mondo, il pluralismo in genere, il multiculturalismo. Accettazione e difesa, non riconoscimento e dialogo. Sono "microcosmi panda", che visti da Occidente si reggono solo sotto il grande ombrello monopolista della cultura occidentale che non può riconoscere a culture altre, ibridate o meno al proprio interno, dei valori universali che sono sinonimi dei valori occidentali e sintetizzati da questi. Il valore occidentale per eccellenza, la tolleranza è la fotografia del considerare l’altro subalterno, non uguale, men che mai avanti.

Dal luogo di questo localismo occidentale diventa inconcepibile riconoscere la centralità, l’universalità anche e forse soprattutto nell’architettura, del Brasile. Eppure è proprio Niemeyer e il suo intorno culturale, già nei primissimi anni ’40 del XX secolo, a denunciare la fine del moderno, soffocato tanto dai totalitarismi come dalla commercializzazione capitalista della conversione dell’arte in industria.

catedralbrasilia [3] Di fronte alla radicalità di tale denuncia, il percorso postmoderno occidentalocentrico non può fare altro che ignorare. Non può fare altro che ignorare un’architettura nata e concepita come responsabilità politica e soprattutto ecologica del paesaggio urbano e degli spazi. Non può non ignorare l’espressione massima di questa cultura, l’invenzione di Brasilia, che era il progetto politico di Juscelino Kubitschek e urbanistico di Niemeyer e Lucio Costa. "Ordem e Progresso", come recita il motto impresso sulla bandiera brasiliana, una sorta di Pienza ciclopica nelle dimensioni e nell’incontro pacificato tra due forze, quella della civiltà industriale e quella del sertão selvaggio che si coniugano con un territorio senza frontiere. "Brasilia sorse come una magia -racconta ancora oggi Niemeyer- noi dicevamo, lì il Congresso, là un teatro, e quelli crescevano". Brasilia è il centro del mondo.