Tsunami umano

Sentir parlare, prima il ministro degli interni leghista, Roberto Maroni, colui che aveva come programma politico essere “cattivi” con i migranti, quindi il capo del governo Silvio Berlusconi, di “Tsunami umano” non può non causare tristezza.

Lo slogan potrà funzionare per i titoli del TG1 o di Radio Padania, ma poche volte se n’è trovato uno più inadeguato offrendo una percezione volutamente falsa del tema. Fa pensare a degli esseri umani come un fenomeno naturale incontrollato, un terremoto, uno tsunami appunto, e non come un fenomeno storico, sociale ed economico ampiamente studiato, giustificato, previsto e prevedibile, contenuto nelle dimensioni, contenibile negli effetti e foriero non di distruzione ma anche (e soprattutto) di opportunità. Fenomeno studiato sul lungo e sul breve termine visto che da due mesi Maroni annuncia l’invasione (sic) di poche migliaia (ventimila in tre mesi) di nordafricani che, con un minimo di programmazione e di onestà intellettuale potevano essere assorbiti in maniera invisibile.

Ma al governo non interessa programmare. Non interessa prevenire, affrontare e risolvere i problemi. Al governo interessa creare allarmi, emergenze, occasioni di rapina e consenso, facendo finta di risolvere le questioni nascondendo la polvere sotto il tappeto. Lo ha fatto con la spazzatura a Napoli, lo ha rifatto col terremoto dell’Aquila, lo sta rifacendo con Lampedusa.

No, non serve ricordare il padre della Tanzania Julius Nyerere (socialista e presto perfino santo) che aveva previsto fin dalla fine del colonialismo classico che se l’Europa non avesse agito con giustizia verso l’Africa questa non avrebbe avuto altra possibilità che emigrare, per capire la politiche inette prima ancora che criminali operate dal governo e in particolare dalla Lega Nord. Questa deve il proprio successo non al governare fenomeni sgraditi ma all’ammannire ai propri elettori sempre un nemico diverso (i meridionali, Roma ladrona, l’Unione Europea, le tasse, i migranti) come il problema, il cancro da distruggere, l’invasore da fermare sul bagnasciuga.

I fatti si incaricano di smentire questa narrazione dei fatti artificiale, pericolosa, razzista ma particolarmente efficace al momento di votare. L’invasore, l’immigrato nemico, non si ferma sul bagnasciuga, non può rendersi invisibile e non si gestiscono fenomeni complessi né con il clown Silvio Berlusconi che mette lo shampoo nelle docce aquilane o sbarca con le fioriere, i casinò e i campi da golf a Lampedusa, né con la “cattiveria” di Maroni o nel PdL di Mariastella Gelmini. Lo mostrano molti casi e sentenze che in questi anni hanno confermato come non si governi col volontarismo della cattiveria. Per esempio sulla scuola le sentenze sulla “geolocalizzazione” degli insegnanti per settentrionalizzare l’istruzione in maniera discriminatoria. Per fortuna le istituzioni e la Costituzione appaiono più forti dei deliri localisti della Lega. Come non possono impedire ad un laureato calabrese o siciliano di spendere il proprio titolo in tutto il paese così, se possono proibire ai migranti di sedersi sulle panchine, possono render loro la vita impossibile, non possono cacciarli, cancellarli, rendere invisibili, nonostante da anni dichiarino ciò come loro programma politico.

Impotenti o quasi i Ras locali della Lega fanno la voce grossa contro il governo amico e il ministro del loro stesso partito perché temono che il loro consenso, dovuto solo allo spararla ogni giorno sempre più grossa, possa sgretolarsi di fronte alla ragionevole accoglienza di poche decine di lavoratori tunisini. Sarebbe un problema più amministrativo che politico, facilmente risolvibile in regioni ricche di un grande paese se non fosse che dal sollevare e non dal risolvere il problema tali Ras debbono il loro consenso. Ma così non si governa, almeno non a lungo, a dimostrazione dell’inadeguatezza della Lega, il partito dell’odio e della cattiveria, incapace, per fortuna, di applicare le proprie chiacchiere da bar.