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Libia: sul genocidio della lingua

Per il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ma anche per il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, per il sito del “Fatto Quotidiano” e per vari altri, in Libia sta avvenendo un “genocidio”. Chissà perché la lingua italiana non basta a Marcegaglia e altri per definire quanto accade nell’ex quarta sponda dell’Impero.

E dire che di sostantivi ve ne sarebbero per identificare quei fatti: massacro, strage, carneficina, eccidio, scempio, macello, ecatombe, perfino sterminio potrebbe ancora andare. No, Marcegaglia sceglie proprio l’unica parola inappropriata: “genocidio”, il termine coniato negli anni ‘40 per indicare (Devoto-Oli) la “metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui e l’annullamento dei valori e dei documenti culturali” e riconosciuta dalle Nazioni Unite l’11 dicembre 1946 come crimine nella formulazione "negazione del diritto alla vita di gruppi umani, gruppi razziali, religiosi, politici o altri, che siano stati distrutti in tutto o in parte" . Le parole sono importanti e le iperboli le uccidono.