Stati Uniti, la carestia innominabile

hungerinus Secondo dati ufficiali del Ministero dell’Agricoltura statunitense almeno 35 milioni di persone hanno sofferto la fame negli Stati Uniti nel 2006. Tra di loro vi sono 12.6 milioni di bambini, quasi uno su cinque dei circa 70 milioni di minori che popolano il paese più ricco del mondo.

A dire che in Etiopia si soffre la fame è difficile essere accusati di essere antietiopici (e comunque non sarebbe un’accusa antipatica o dannosa). A dire lo stesso per gli Stati Uniti invece si rischia di far pessima figura. Sarà perciò che ne ha scritto praticamente solo Maurizio Molinari su La Stampa.

Dunque nel paese più ricco e democratico del mondo quasi un bambino su cinque ha fame in un trend sostanzialmente invariato dall’anno 2000. Almeno 26 milioni di persone beneficiano (come nell’Argentina alla caduta del fondomonetarismo) di piani assistenziali – un dollaro per pasto senza alcuna considerazione per la crescente inflazione- considerati insufficienti dalla ONG Pane per il mondo. Secondo il presidente di questa organizzazione, David Beckmann: “gli Stati Uniti sono l’unica nazione ricca che accetta di avere persone affamate nel proprio territorio”.

Tutti gli studi coincidono nel sottolineare il deterioramento delle condizioni di vita della fascia più povera, circa un terzo dei 35 milioni di denutriti. E’ un numero sottostimato, già che per esempio il Census Bureau che ha stilato il rapporto, non ha preso in considerazione i senzatetto, milioni di persone. Tra questi le categorie di sempre, le famiglie con madre sola (quasi un terzo ha seri problemi alimentari), quelle afrodiscendenti (21.8%) e quelle di origine latina (19.5%), mentre sarebbero in leggero miglioramento le condizioni dei poveri anziani e nelle aree urbane bilanciato da un peggioramento nelle campagne.

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