Lunga vita a Benazir Bhutto?

Non ho alcuna simpatia personale per quel sessista, razzista, reazionario di Mahmoud Ahmedinejad, né per gli Ahatollah iraniani. Ma l’Iran esiste. E mi occupo da così tanti anni di politica internazionale e di geopolitica per capire che se fossi il presidente dell’Iran (laico, religioso, ateo devoto, di destra, sinistra, centro…) sarei schiacciato dall’indispensabilità di una politica di potenza che include l’arma nucleare. E’ francamente ipocrita pensare che una potenza regionale come l’Iran possa restare circondata di paesi atomici nemici o non amici, India, Pakistan, Israele, Russia, Kazakistan e ovviamente Cina e Stati Uniti e con il doppio caos (indotto) di Iraq e Afghanistan a destra e a manca, e dovere a questi la propria sicurezza. E’ francamente ingenuo chi pensa che gli Ayatollah possano essere fautori della denuclearizzazione della regione, per il semplice fatto che non li ascolterebbe nessuno, perché “non è nelle loro corde” e per il dato ancora più cogente che è difficile chiedere loro di suicidarsi.

Ma George Bush dice (come fosse Pietro l’eremita che chiama alla prima crociata) che dall’Iran comincerà la terza guerra mondiale. E i media si accodano. E invece è il Pakistan a doverci terrorizzare, un paese di 170 milioni di abitanti che la bomba ce l’ha già, paese al bordo di plurime guerre civili, secessionismi e annessionismi, con una semi-dittatura militare, quella di Pervez Musharraf, che controlla a stento il territorio, con servizi segreti più deviati di quelli italiani all’epoca della P2, violando inenarrabilmente i diritti umani e con un’alternativa sempre più talebana. L’Occidentalismo d’accatto, quello filostatunitense a prescindere, tende a stracciarsi le vesti per le violazioni di diritti umani a Teheran e guardare altrove e far finta di non vedere quelle di Islamabad, o del Cairo o di Ryad.

Se esplodesse il Pakistan (o è già esploso?) non ce ne sarebbe per nessuno. L’attentato a Benazir Bhutto, per la quale almeno ci è stata risparmiata la retorica da santificazione, è l’ennesimo segnale sinistro. Di conseguenza è al Pakistan e non verso l’Iran che vanno orientate le preoccupazioni della comunità internazionale. E se si fosse capaci (anche l’Iran deve metterci del suo, ma certo, dopo il disastro dei riformisti di Mohammad Khatami sembra arduo) di dialogare con Teheran e trattarla da potenza regionale, quale è e resterà, questa potrebbe essere parte della soluzione più che del problema.