Teresa Lewis e Ahmedinejad

fft17_mf64970 A 38 ORE DALL’ASSASSINIO DI TERESA LEWIS.

Giornalismo partecipativo ha fatto notare la strana antinomia per la quale per Sakineh Ashtiani il mondo si mobilita e per Teresa Lewis lo stesso resta indifferente da ben prima che questa fosse strumentalizzata da quel razzista e sessista del presidente iraniano Mahmoud Ahmedinejad (a sinistra in una rara foto in compagnia della sua avvenente first lady) rendendola perfino scomoda da sostenere.

Qualcuno tra chi ha avuto la cortesia di commentare ha perfino sostenuto che è giusto mobilitarsi per la forma (la lapidazione) ma non per la sostanza (la condanna a morte). Va da sé che trovi tale argomento orripilante. Trovo invece non orripilante ma un po’ ingenuo chi dà credito a smentite e controsmentite di un personaggino come Ahmedinejad.

E’ un’ingenuità uguale e contraria a quelli che immaginano un grande paese come l’Iran come un posto senza legge (quella semmai è l’Italia di Berlusconi) dove Sakineh non solo debba essere salvata dalla morte ma debba per forza essere anche innocente. O a quelli (meno ingenui) che pensano che “right or wrong” gli Stati Uniti abbiano ragione pure se hanno torto.

Tutto ciò finisce per far mobilitare per i diritti umani per logiche di appartenenza (ingenue o squallide a seconda dei soggetti) ma con addenda interessanti.

Per esempio il silenzio mondiale su Teresa Lewis, al di là della oggettiva scomodità del farsi associare al presidente iraniano, smentisce il trito argomento alla Aldo Forbice per il quale ci si mobiliterebbe contro la pena di morte per “antiamericanismo”.

La cosa è più semplice. Ci si mobilita quanto un caso finisce (mai ingenuamente) sotto i riflettori del mainstream mentre invece, anche in epoca di “giornalismo partecipativo”, è molto più arduo, ma mai impossibile, provocare una mobilitazione mondiale che vada in direzione ostinata e contraria a quello che gli interessi di CNN o del Corriere della Sera abbiano deciso che non si debba sapere o semplicemente che non sia interessante sapere, come per esempio le Sakineh saudite.

Ciò conferma quanto sia scivoloso un terreno nel quale Neda o Sakineh finiscono in prima pagina perché i grandi manipolatori decidono di farcele finire e allo stesso tempo migliaia di altre Neda e altre Sakineh (come Teresa Lewis o gli assassinati, anche se messi su YouTube, della dittatura honduregna) devono restare nell’ombra.

Noi, con Mario Benedetti, abbiamo il dovere civile di demistificare la via lattea. E per questo stare con le decine di Sakineh iraniane senza per questo fare sponda alle manipolazioni mainstream, e denunciare il silenzio su Teresa senza che ci si possa accusare di far sponda ad Ahmedinejad. Mica facile.