Se Al Gore è Premio Nobel per la Pace io mi candido a Miss Italia

Il premio Nobel per la Pace ad Al Gore (anche senza star lì a rammentare le bombe a grappolo sulla Serbia), sembra una sorta di “discriminazione positiva”, di quelle che si danno ai gruppi sociali svantaggiati (es: i neri) per recuperare discriminazioni storiche.

La sostanza è: siccome gli Stati Uniti sono i principali responsabili del riscaldamento atmosferico, e non sono per nulla pentiti (vedi protocollo di Kioto), proviamo a dargli un premio di incoraggiamento e vediamo che succede. Se questa è la ratio, potevano anche darlo al Comitato centrale del Partito Comunista Cinese, che è sinceramente contrito per il disastro ambientale causato con la “diga delle tre gole”, oppure perfino ad Altero Matteoli, quello che voleva aprire i parchi nazionali ai cacciatori.

Al Gore ha realizzato un documentario, e pure bruttino, Una scomoda verità. E’ un signore straricco, con un villone megalomane laggiù ne Tennessee, che, secondo denunce circostanziate, consuma energia elettrica come un paese africano. Intoltre tiene remuneratissime conferenze in ricche università private dove divulga la teoria (razzista) per la quale “siccome gli Stati Uniti sono all’ultimo posto al mondo nella lotta contro il ricaldamento globale e hanno leggi ambientali peggiori di quelle cinesi (lo dice lui nel documentario, ndr) allora gli Stati Uniti devono mettersi alla testa del mondo e condurre (sic!) la battaglia… bla, bla, bla…”.

Al Gore ricorda da vicino un altro mancato presidente nordamericano, Cuauhtémoc Cárdenas che, nel 1988, alla testa del Partito Rivoluzionario Democratico, fu scippato della presidenza del Messico con palesi brogli e (esattamente come fece Al Gore nel 2000 contro Bush) rinunciò a difendere la democrazia permettendo l’insediamento di un presidente illegittimo, Carlos Salinas de Gortari in Messico, George Bush Jr. negli Stati Uniti, semplicemente non combattendo quella battaglia.

Adesso Al Gore (che oltre a Cárdenas ricorda un po’ anche il gigante buono del Mulino Bianco, Big Jim e, in quanto politico sficato, Mariotto Segni) aggiunge all’apertura di credito di Hollywood (l’Oscar) quella di Oslo, il Nobel. Sono entrambi premi di incoraggiamento, non premi alla carriera. E’ ancora giovincello. A marzo compirà appena 60 anni e per l’Italia andrebbe benissimo. Il mondo e gli Stati Uniti avrebbero bisogno di ben altro. Ma evidentemente questo passa il convento. E se non si dovesse neanche candidare alla presidenza degli Stati Uniti, a Oslo avrebbero sprecato anche il premio di incoraggiamento.

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