Manovra: le mani di Tremonti nelle tasche di tutti gli universitari

Forse questo articolo interesserà poco a chi non lavora nell’Università ma interessa moltissimo a chi invece nell’Università opera. Nei titoli dei giornali non troverete questa notizia ma se lavorate all’università vi colpirà duramente a partire dalle prossime buste paga. La manovra Tremonti infatti decurta da qui al 2013 in maniera progressiva ma reale gli stipendi di tutte le fasce universitarie di oltre il 13%.

Altro che 5% di riduzione agli stipendi dei parlamentari! 220 Euro al mese perderà un ricercatore confermato, circa 400 un giovane ordinario. Dalla maniera con la quale già questa settimana l’intero mondo accademico reagirà a tale attacco frontale alle retribuzioni, che passerà a giorni con voto di fiducia (e non tra qualche mese come la Riforma Gelmini), si capirà se l’Università pubblica ha ancora la forza di salvare se stessa.

Mentre il capo del governo spergiura che non toccherà l’Università, ad andarsi a leggere i commi interessanti della bozza di manovra economica di imminente presentazione e approvazione, pubblicata dal Corriere della Sera, è evidente il contrario:

10 Non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del personale di cui [… docenti universitari compresi].

15 Per le categorie di personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli aumenti biennali previsti dai rispettivi ordinamenti.

18 A decorrere dal 1° gennaio 2011 i trattamenti economici complessivi superiori a 75.000 euro lordi sono ridotti, per la parte eccedente il predetto importo, del 10 per cento.

Fuori dal linguaggio burocratico del Ministro Tremonti i commi 10 e 15 vogliono dire che a un (relativamente) giovane ricercatore appena confermato (età media 38-45 anni) la manovra Tremonti di qui al 2013 costerà la bella cifra (REALE) di circa 8.000 Euro, pari a circa 220 Euro al mese. Ovvero: lo stipendio che si sarebbe evoluto dell’8% per lo scatto biennale (o triennale come da legge Gelmini) e dell’inflazione (nei calcoli prudentemente considerata all’1.5% l’anno) da 1.700 a 1.920 Euro circa resterà invece invariato. È una decurtazione reale e irrecuperabile del 13% netto.

Meno chiara ma addirittura più drammatica è la situazione dei giovani appena entrati, i cosiddetti ricercatori non confermati (a volte studiosi ultraquarantenni), che oggi vedono i 1.200 Euro iniziali crescere in 3 anni fino a circa 1.700 Euro dopo la conferma in ruolo. La manovra li bloccherà a 1.200 Euro e dovranno attendere almeno il 2016 per arrivare alla soglia prevista. L’anello più debole della catena, con la ministra Gelmini che si riempie la bocca di giovani e merito, pagherà dunque il prezzo più alto, fino a 18.000 Euro, che corrisponde nel 2013 ad un folle -30% di decurtazione REALE dello stipendio.

Le altre fasce subiranno un danno proporzionalmente meno grave ma comunque ingente. Un professore associato appena confermato, riceverà a fine 2013 quasi 300 Euro al mese in meno per una taglio di oltre 10.000 Euro. Un professore ordinario ai primi gradini della carriera avrà perso quasi 400 Euro al mese e circa 14.000 Euro in totale.

Sicuramente i professori associati e ordinari non avranno i problemi dei cassintegrati o degli insegnanti sbattuti in strada dalla Gelmini a migliaia, ma certamente non troveranno qualcuno che pagherà loro il mutuo che magari hanno contratto contando su quei soldi, come accade ai ministri del governo Berlusconi.

La manovra peserà invece meno sui più anziani e i più ricchi. Lo specchietto per le allodole della riduzione degli stipendi oltre i 75.000 Euro l’anno sarà appena una spuntatina, una finzione, come accadrà per i parlamentari. Così quella di Giulio Tremonti e Mariastella Gelmini è oramai una guerra dichiarata alla generazione più giovane di studiosi, la sorte e gli stipendi dei quali forse possono non interessare la collettività. Qualcuno potrà perfino rallegrarsi di questa punizione collettiva, nella presunzione che all’Università vi siano solo raccomandati e nullafacenti.

Ma i tagli agli stipendi mettono a nudo la Gelmini. La sua riforma è smentita e superata dalla manovra del vero ministro dell’Università che è Giulio Tremonti. Con il blocco del turnover a che servirà sbattersi prima del 2015 per ottenere un’abilitazione nazionale a scadenza? Se la nuova legge adeguava gli stipendi solo a chi pubblicava, come si premierà il cosiddetto merito se la manovra non adeguerà più gli stipendi di nessuno? E’ sostenibile, legittimo, utile, bloccare le carriere di 60.000 docenti universitari, quelli ben pagati ma anche le ultime ruote del carro, che lavoreranno per tre anni come in un fermo immagine? Pubblicheranno ricerche, formeranno studenti e non verrà riconosciuto loro neanche il recupero dell’inflazione.

Saranno anni non utili come recita il testo della manovra, per l’Università e per il paese. Basterà la distribuzione di pochi fondi a pochi soggetti scelti come meritevoli (i politecnici del nord) a conservare il residuo consenso di una parte del sistema se poi a pioggia si erode il potere d’acquisto di tutti? O finalmente l’università italiana esploderà come non avviene da decenni?