Sederi e La Repubblica

Con Sara Bonfili, Giulia Blasi, Raffaele Bernardini, Marcello Bernacchia, Gardena Loober

Giulia Blasi: Lavorare per i femminili porta anche a questi piccoli fenomeni di prostituzione dell’anima. Che sono piccoli se presi singolarmente, ma enormi se collocati in un contesto.

Sara Bonfili: Che siano contente di essere precarie e di dover descrivere il proprio sedere per avere simpatie, o attirar l’attenzione sui propri articoli? Repubblica ha bisogno di certe cose per essere letta?
Descrivere il proprio deretano è un esercizio di stile?Perchè io, se frequento dei giornalisti, che in teoria dovrebbero essere illuminati, devo sentirmi dire che ho un bel sorriso e non che scrivo bene?
Non ce n’è già una di Maria de Filippi che ci educa alla stupidità, leggerezza, alle tette spiattellate in tv che disturbano la digestione a agli uomini che diventano tronisti e poi ospiti nelle discoteche per la fantastica dote di non sapere fare un cavolo e che accettano di chiamarsi “pincopallino di uomini e donne” “pincopallino del grande fratello” “pincopallino di amici”?
Perchè io devo essere giudicata per il fatto di essere una bella ragazza e devo dimostrare sempre qlcosa in più di un uomo? e magari assunta per il fatto di essere una bella ragazza? Dovrei ascoltare che furbamente dice che anche quella è una dote da sfruttare? perché non cominciamo a spegnere la tv e a ribellarci, quando anche gli inglesi, con tutta la mondezza che guardano, ci dicono che siamo il paese delle naked ambitions?

Scusi se mi sono scaldata un po’…

Raffaele Bernardini: E’ aberrante il servizio di Repubblica sul fondoschiena di alcune cosiddette giornaliste…
Ma nei giornali italiani non vi é il difensore dei lettori, un Ombudsman ben presente da tempo e con successo nei giornali di diversi Paesi democratici… Ma in Italia il difensore dei lettori nei giornali non lo vuole l’establishment (vale a dire editori e giornalisti).
E quindi i cittadini continueranno a non partecipare al procedimento dell’ informazione.

Marcello “Teofilatto” Bernacchia: La cosa più assurda è che “Repubblica” è lo stesso giornale che ha pubblicato in prima pagina la lettera di una donna indignata perché, nonostante le sue due lauree, veniva apprezzata solo per il suo fondoschiena. Questo mi fa venire in mente un programma Tv, credo “Convenscion”, dove a mano a mano che si saliva nel ruolo si era più vestiti (le ballerine seminude, la Moric ti vedo non ti vedo, la Stefanenko tutta coperta). Forse non esiste più la lotta di classe, ma le classi… Un saluto cordiale.

Gardena Loober: La Repubblica è il mio giornale e davvero mi fa male leggere di queste cose; penso infatti che tu abbia ragione: chiamare inchiesta quell’inutile effluvio di parole, sottoporsi come donna e giornalista al ridicolo, favorire un andazzo feticista voyeuristico come questo, non fa che peggiorare la nostra vita e contribuire a peggiorare quella altrui. Pare che in Italia abbiamo toccato il fondo, anche secondo il parere del Financial Times di qualche giorno fa. Ma che fa il giornalismo italiano quando gli viene rimproverato di pescare nel torbido? Rincara la dose! E’ questo che ci fa ancora più male: non si vede una via d’uscita…