La “chiusura” di RCTV in un Venezuela tra Fellini e il Reggaeton

CARACAS – L’industria del falso digitale è tollerata in Venezuela. Come in tutto il mondo. Ma in poche capitali del mondo trovi decine di bancarelle che vendano come il pane Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni, L’Orfeo Negro di Marcel Camus, La voce della Luna di Federico Fellini e tutta la cinematografia latinoamericana, dalla Notte dei forni di Pino Solanas, a Garage Olimpo di Marco Bechis.

di Gennaro Carotenuto

Negli ultimi anni di vita, il dittatore spagnolo Francisco Franco inondò il paese di eroina per distruggere una generazione ribelle. Chissà se il “dittatore” venezuelano Hugo Chávez fa lo stesso col cinema d’autore, alimentando le bancarelle dei buhoneros (ambulanti) di Caracas.

“E’ il libero mercato, stupido”, direbbe Bill Clinton, e anche il cinema d’autore chiede la gente di Caracas. Intanto mi fanno notare in strada bambine di 13-14 anni con i pantaloni non più sotto la vita, non più mettendo in mostra la marca degli slip, ma oramai sbattendo in faccia un ciuffetto di pelo pubico come ultima frontiera. Lo hanno visto milioni di volte in televisione. Sono bombardate dalla televisione commerciale con il Reggaeton -l’ultimo e più volgare dei generi pseudomusicali commerciali- dove le donne vengono chiamate “culitos”. Tra poco, a 15 o 16 anni al massimo, chiederanno ai genitori delle enormi tette come regalo.
In Venezuela bastano poche centinaia di dollari. Se non hai dei seni enormi sei brutta e nessuno ti vorrà, è il messaggio continuamente diffuso dalle televisioni commerciali. Le cliniche private vendono pacchetti a prezzi stracciati: liposuzione, rinoplastica, mastoplastica, tutto per via ambulatoriale e in giornata. Anche questo è libero mercato, anche questa è (considerata) libertà d’espressione, ma soprattutto anche questa è battaglia per le idee, per i cuori, per l’immaginario collettivo. E non è un caso che il Venezuela sia ai primi posti al mondo per le gravidanze adolescenziali.

Al mio tassista hanno raccontato (ma la notizia purtroppo è infondata) che il governo vuole proibire il… “filo interdentale”. E’ sinceramente preoccupato, dove andremo a finire con un governo che proibisce tutto. Cerco di capire cos’abbia Chávez contro la pulizia della bocca, e capisco che il filo-interdentale non è altro che il tanga. Qualcuno ha proposto di limitare il mostrare ad ogni ora del giorno video musicali -soprattutto il Reggaeton- che per tutta la loro estensione mostrano in primo piano solo un paio di natiche agitandosi: donna=culito. Domando al mio tassista se è cattolico. Mi guarda e si fa il segno della croce. Affondo: “signore, se Chávez farà davvero questo, il Papa sarà molto contento”.

Sabato è andata in scena, per le strade di Caracas, la manifestazione dell’opposizione contro il mancato rinnovo alla scadenza naturale della concessione via etere del canale commerciale RCTV. Si trasferirà sul cavo e sul satellite. Il canale, che appoggiò apertamente il colpo di stato dell’11 d’aprile 2002, fa finta di non sapere che l’etere è pubblico e fa finta di non sapere che esiste una responsabilità sociale dei media e che inondare il mercato televisivo di sesso e violenza non è esattamente lo stesso che “libertà d’espressione”.

Per strada, nel corteo, c’è parecchia bella gente e vengono usati molti degli argomenti che da dieci anni usa Emilio Fede in Italia per evitare che Rete4 finisca sul satellite. L’organizzazione è capillare. Hanno riempito la città di maxischermi che ritrasmettono liberamente la manifestazione. Ed è grazioso sentire e vedere a tutto volume in ogni grande piazza di Caracas fare liberamente discorsi sulla mancanza di libertà di espressione. Bugiardi, e bugiardi tutti i media internazionali che riprenderanno acriticamente il punto di vista di RCTV, dando per scontato che contro Chávez qualunque menzogna è lecita.

E’ bene ricordare che, nell’ultima campagna elettorale venezuelana per le elezioni presidenziali del 3 dicembre 2006, le commissioni di Osservazione Internazionale verificarono che i quattro quinti di tutti i servizi televisivi, radiofonici e articoli di giornale, di quella campagna elettorale era favorevole all’opposizione. Ciononostante, istituzioni internazionali prestigiose (perché controllate dal governo degli Stati Uniti?) come ?Freedom House?, possono definire il Venezuela come un paese ?non libero? dal punto di vista della libertà di stampa e collocarlo addirittura al 161° posto al mondo. Incredibile: il Venezuela viene collocato dalla ?Casa della Libertà? perfino dopo l’Afghanistan, dove è noto che i giornalisti siano in condizione di realizzare il loro lavoro in tranquillità, sicurezza e senza pressioni di sorta. Nonostante tale dato dimostri quanto sia sfacciata e indimostrabile la collocazione del Venezuela, e nonostante sia palese l’intenzionalità diffamatoria di classifiche come quella di Freedom House, a tali istituzioni anche i media italiani fanno da grancassa concedendo loro un’autorevolezza difficilmente spiegabile. Se lo dice Freedom House?

Intanto il quotidiano El Nacional di domenica (più o meno comparabile a Il Giornale o Il Tempo in Italia), dedica un intero fascicolo alla manifestazione di sabato. E’ strapieno di interviste a partecipanti alla manifestazione. Stranamente sono tutti chavisti pentiti: “ho votato per Chávez ma adesso ho paura per la libertà” dice un impiegato. “Ho votato per Chávez, ma non pensavo mi levasse le mie telenovele” dice una casalinga alla quale fanno anche un bel box in prima pagina. Nel mezzo grandi articoli e commenti sulla superiorità del settore privato, sui pericoli dei media pubblici, del ruolo dello stato ed esaltando il valore dell’indipendenza dei media privati.

Giro pagina e l’intero fascicolo ha al centro un paginone redazionale, pagato con i soldi pubblici dello stato Zulia, governato dal capo dell’opposizione, Manuel Rosales. Questi compare in tutte le quattro pagine, sempre con le forbici in mano, sempre inaugurando qualcosa. Viva l’indipendenza della stampa privata venezuelana.


Technorati Parole chiave: , , , ,