Da Malpensa a Caracas

Sono in America Latina, respiro, sono felice, in anticipo di 72 ore sui programmi. Sarò impegnato a Caracas in una terribilmente fitta serie di iniziative, fori, seminari, lezioni e a Cochabamba in Bolivia nel V incontro mondiale di intellettuali e artisti in difesa dell’umanità.

Stamane ho di nuovo avuto un’idea triste di Malpensa. Ogni volta che ci vado rivaluto Fiumicino per servizi, strutture, tutto. Malpensa ha otto anni ma l’ambiente ne dimostra il triplo, ci vuole mezz’ora per fare pipì, mezz’ora per comprare il giornale, mezz’ora per un caffè e non c’è posto per sedersi. Insomma scoppia. Il mese scorso mi resi conto che al bar dell’area da dove partivano buona parte dei voli nazionali non solo ci voleva mezz’ora per prendere il caffè ma c’era una ragazza da sola a servire centinaia di clienti. Saltava, correva, faceva quello che poteva: "dalle 14 alle 17, sì, sono sola". Senza commento.

I voli intercontinentali sono sempre strapieni. Che io sappia solo con Aeroflot e Alitalia non lo sono. E infatti si stanno alleando. Sul Malpensa-Caracas, era un po’ che non facevo un volo intercontinentale con la nostra beneamata cmpagnia di bandiera, ho scoperto che la classica igienica e dignitosa bottiglietta da 1/8 di litro di vino, più o meno commestibile, è stata sostituita da un bottiglione comunitario "imbottigliato da" che il mozo mesce a chi lo chiede riempendo il bicchiere come all’osteria. Praticamente il "vino della casa". Sempre peggio.