Piazze e chiese. Dal Family day, al papa in Brasile, al non coraggio laico dei Don Abbondio diessini

La comunicazione religiosa sta superando per invadenza pacchi e tette. Comunque lo si guardi, è un passo avanti. Della rappresentazione televisiva del cosiddetto “Family Day”, notevole è stata l’intenzionalità di come è stata mostrata Piazza San Giovanni. Nelle immagini televisive era soprattutto rassicurante, pacifica, piena di bambini. Perfino la comparsata di Berlusconi indignato con la copia de Il Manifesto in mano, a lanciare i soliti anatemi contro i comunisti, appariva fuori luogo.

A cercarli dovevano essercene di inquisitori disposti a tuonare che i conviventi e le coppie gay sono attesi dalle fiamme e dallo stridore di denti della dannazione eterna. A cercarli c’erano, ma hanno scelto di non mostrarli e invece -in alternativa non scontata- mostrare e dar voce ad una stragrande maggioranza di persone disposte a dire che sì, magari con meno diritti e senza Dico, ma hanno ben poco contro chi convive. Con presunzione e un po’ di superficialità rivendicano che il loro modello di famiglia sia il migliore ma in fondo, che il ddl sui Dico sia una schifezza, lo sappiamo tutti. Quella piazza, sicuramente né brutta né minacciosa e meno escludente di come si aspettava, parlava perfino di cose concrete, aiuti, asili, ed era così tollerante da non cacciar via i divorziati Fini, Casini e Berlusconi.

Aiuto! Fino a ieri in questo paese c’era ancora il delitto d’onore e adesso i nipotini di Gedda non hanno nulla contro chi convive? Ma allora a chi parlano Ruini, Bagnasco, Ratzinger? A quale paese, se perfino il popolo delle parrocchie non addita più la pagliuzza di chi vive “more uxorio” e ci manda perfino i bambini a giocare a casa, proprio come se fossero bambini normali e non figli della colpa?

La sensanzione -terribile sensazione- è che mentre il paese va avanti con buon senso, le gerarchie vaticane si rivolgano solo a quelle politiche, in un gioco del tutto autoreferente che ha come vittima sacrificale la laicità dello stato e mette a rischio la democrazia stessa. Tutto avviene sulla pelle del paese, cattolico e no, e fa aumentare lo iato tra palazzo (o basilica) e paese (o parrocchia) reale.

Il guaio di ieri era forse che l’inquisitore capo, Joseph Ratzinger, era distratto nel difficile, frustrante e a tratti perfino penoso (checché millanti Bruno Vespa) viaggio in Brasile. Dopo trent’anni di guerra contro la teologia della Liberazione, la chiesa conservatrice, lungi dal vincere quei preti che lottano per la giustizia, sta perdendo la mano. Il popolo dei cattolici sta male ora, qui sulla terra. E se la chiesa non è dei poveri, allora noi poveri ci cerchiamo un’altra chiesa, qui sulla terra. E a paradiso e inferno ci pensiamo poi.

SENZA SPERANZA Ma Ratzinger è troppo dogmatico e troppo eurocentrico per cercare di capire. Guardandosi l’ombelico ha affermato: “l’unico problema è la carenza di evangelizzazione”. Con quale messaggio, se il papa va a parlare a poveri e pauperrimi avendo come primo punto nell’agenda incomprensibili sproloqui sulla verginità prematrimoniale?

In un paese dove più della metà dei capofamiglia sono donne sole, e pertanto peccatrici, quale famiglia tradizionale vende Papa Bento? Come fanno ad ascoltarlo se intanto le discrimina? Delle virtù teologali a Benedetto XVI interessa solo la fede. E neanche si preoccupa di contrapporla alla speranza in maniera che a un ultimo della terra appare perfino blasfema. L’importante è il dogma e a Ratzinger non importa se pentecostali e altre improbabili chiese protestanti annaffiano di fiumi di denaro neoconservatore il paese, e sottraggono al cattolicesimo normalizzato contro la teologia della Liberazione, 3 milioni di fedeli all’anno. Lui lancia anatemi, promette scomuniche e poi i cattolici (come quelli di San Giovanni) reinterpretano con fede, ma ancor di più con realismo e saggezza.

Ma c’è di più. E’ andato a esigere molto Benedetto XVI in Brasile. Batteva cassa, voleva soldi, sgravi fiscali, prebende, licenze, e soprattutto voleva annacquare una laicità dello stato che non rispetta e forse non comprende. Del resto è abituato all’Italia dove dai politici, di destra e sinistra, tutto può pretendere. Con molta cortesia e altrettanta fermezza il presidente brasiliano Lula ha opposto altrettanti no. E checché ne spacci Bruno Vespa, il papa sta tornando a mani vuote dal Brasile.

Tutt’altra pasta Lula rispetto ai Don Abbondio dei Democratici di Sinistra, che non hanno avuto il coraggio di farsi vedere né a Piazza Navona né a Piazza San Giovanni. Era una possibilità, magari per far notare alle mamme cattoliche che l’asilo nido alle mamme operaie è più facile che lo diano le giunte rosse piuttosto che quelle di destra. Non sono andati, né qui, né là e per una volta nella vita ha perfino ragione Marco Pannella: “che diavolo sarà il Partito Democratico?”

Magari fosse davvero un partito neoguelfo il Partito Democratico. Almeno sarebbe qualcosa. Così è solo il vuoto, di contenuti, di idee, di rappresentatività, di coraggio politico ancora prima che laico. E meno male che Mastella e Fioroni abbiano avuto l’intelligenza di andare a rendere bipartisan San Giovanni. Anche per chi lo guarda criticamente da sinistra, non c’è nulla da gioire se il Partito Democratico nasce e resta una scatola vuota.

PS: Nessuna piazza al mondo contiene un milione e mezzo di persone, e dov’erano i 30.000 autobus che sarebbero serviti per spostarli? Ma chi sosteneva che contro la guerra in Iraq il 15 febbraio 2003 a San Giovanni ce ne fossero addirittura tre milioni, non ha i titoli per dirlo. Qualcuno, nell’Italia dove al Superenalotto si mettono in palio 170 miliardi di lire, dovrebbe dire che portare 200.000 persone in piazza è… un mare di gente ed è peccato fare la cresta!