Da Berlusconi a Karzai, la democrazia come simulacro

070929_karzai_hmed_6a.hmedium A Kabul domenica prossima si voterà in un ballottaggio trasformato in plebiscito dal ritiro di uno dei candidati. Abdullah Abdullah non ha infatti ottenuto che il voto avesse delle minime garanzie di trasparenza. La Commissione elettorale, protagonista di brogli clamorosi nel primo turno, non è infatti stata epurata come pure sarebbe stato ovvio che fosse dopo la conclamazione degli stessi.

Per il governo degli Stati Uniti il ritiro del candidato è un fatto normale ed accettabile e anche il plebiscito va benissimo.

A Roma Silvio Berlusconi sostiene che, se pure condannato in tribunale, resterà al proprio posto. E’ un’affermazione grave quanto pleonastica visto che come sempre i suoi avvocati punteranno e otterranno la prescrizione spacciandola come assoluzione. Al di là di tale dettaglio Berlusconi finge di non capire, nella sua eterna battaglia contro la magistratura (che definisce “comunista”), che la divisione e l’equilibrio tra i poteri sia essenza, oltre che forma, della democrazia.

L’Italia del corrotto e corruttore Berlusconi e gli Stati Uniti, che cinicamente portano a termine il disegno di tenere al potere il loro uomo a Kabul, Hamid Karzai, minano la fiducia residua del mondo nel sistema democratico.

E’ davvero ancora democrazia quella dove un primo ministro può essere condannato e dire “me ne frego”, come ha titolato ieri “il Manifesto”?

Potrà mai essere democratico un paese dove dopo conclamati brogli (conclamati per gli stessi Stati Uniti) al candidato che li ha subiti non resta che ritirarsi per celebrare un lugubre plebiscito che rilegittimi il pluridelegittimato sindaco di Kabul imposto da Washington?

Per chi ha memoria questo millennio, per le democrazie occidentali, non iniziò l’11 settembre 2001 ma il 7 novembre 2000 con i brogli alla afgana che favorirono George W. Bush contro Al Gore. Anche allora a quest’ultimo non restò che rinunciare.

Se qualcuno aveva ancora dubbi: non esportiamo democrazia, ma al massimo simulacri di questa che ne preservano la forma ma ne offendono l’essenza.