- Gennaro Carotenuto - https://www.gennarocarotenuto.it -

Uruguay, la sinistra perde, la sinistra vince

Mujica [1] Con appena 30.000 voti considerati “da revisionare” il quadro delle elezioni parlamentari è praticamente definitivo e dà al Frente Amplio (la coalizione di centro sinistra fondata il 5 febbraio 1971 da Líber Seregni) la maggioranza parlamentare per la seconda volta nella storia del paese.

Se da una parte per la sinistra uruguayana c’è il campanello d’allarme della mancata vittoria al primo turno di Pepe Mujica (47.4%) e la bocciatura del referendum sull’impunità, tali segnali sono controbilanciati dal mantenimento della maggioranza assoluta in parlamento.

In Senato i parlamentari progressisti saranno 16 su 30 mentre nella Camera dei deputati saranno 50 su 99. Esiste un dubbio considerato marginale dagli specialisti sul cinquantesimo deputato che dovrebbe essere sciolto nelle prossime ore dopo avere esaminato i 30.000 voti detti. Quindi, comunque andrà il ballottaggio per la presidenza della Repubblica tra Pepe Mujica per il Frente Amplio e Luís Alberto “Cuqui” Lacalle per il partito blanco (centro-destra), la maggioranza parlamentare andrà al centro sinistra.

Il dato sul parlamento, decisivo comunque nella prossima legislatura, compone un quadro complesso sul voto di domenica scorsa ed è considerato un argomento forte in favore di Mujica di qui al voto di fine novembre. Infatti, anche se Lacalle dovesse superare sul filo di lana Mujica, comunque la sinistra avrebbe la maggioranza in parlamento e renderebbe accidentato il cammino di un presidente di centro-destra.

Il quadro in chiaroscuro è completato dal fatto che stati bocciati i due referendum. In particolare quello per l’abrogazione della legge che garantiva l’impunità per le violazioni dei diritti umani (i “sì” si sono fermati al 48%) brucia. L’ultraventennale campagna sulla convenienza dell’oblio e la necessità di voltare pagina ha avuto ancora una volta ragione. Ben più indietro si è fermato il referendum per il voto degli orientali all’estero sul quale vi era un consenso (scarso) trasversale. Chi scrive non riesce a trovare spiegazioni plausibili sul perché un paese che ha molti dei suoi giovani migliori emigrati di recente all’estero abbia paura, ripeto in maniera trasversale, del voto di questi ultimi.

Tornando alla presidenza della Repubblica Pepe Mujica andrà ad un ballottaggio contro il candidato delle destre unite, l’ex-presidente Lacalle. I risultati definitivi del primo turno vedono Mujica fermarsi al 47.4% dei voti contro il 28.6% di Lacalle e il 16.7% del candidato del Partido Colorado Pedro Bordaberry. Chi sorride (relativamente, il PC è comunque al secondo peggior risultato della storia) è solo quest’ultimo visto che Lacalle, ben poco popolare nel paese dopo il governo dei primi anni ‘90 andrà al ballottaggio partendo da una votazione molto inferiore al 34.3% che il candidato del suo partito Jorge Larrañaga ottenne nel 2004. Per ribaltare l’esito del ballottaggio Cuqui dovrà convincere proprio tutti e superare il rifiuto diffuso verso la sua persona.

Nel ‘99 si andò al ballottaggio e le destre unite vinsero con Jorge Batlle contro Tabaré Vázquez, che partiva con un vantaggio di sette punti al primo turno. Decisiva fu la compattezza con la quale i due partiti di destra, rivali da 170 anni, votarono per bloccare l’accesso della sinistra al governo. Il 92% degli elettori del Partido Nacional accettò di votare per il rivale colorado. Nel 2004 invece lo stesso Vázquez vinse al primo turno evitando il ballottaggio col 50.4%. Questa volta Mujica parte con 19 punti teorici di vantaggio su Lacalle ma meno di 3 sulla somma dei voti dei due partiti tradizionali. Siamo ad un “freno all’era progressista”?