Genova: il Questore del G8, Francesco Colucci: “eravamo condizionati”

Con Diego Marchesi, Fabio Bovi e Carlo Gawen su Genova con un nuovo articolo di Massimo Calandri dal suo confino di Boccadasse.

Il caso della condanna dello Stato per il pestaggio di una militante della Rete Lilliput a Genova censurata in maniera ANTICOSTITUZIONALE dai media, sta finalmente, almeno in Internet, girando, forse anche un po’ per merito di GennaroCarotenuto.it. Ma sta girando soprattutto per merito di giornalisti coraggiosi e con memoria come Massimo Calandri de La Repubblica che sicuramente non faranno carriera per questi articoli. Ebbene sì, perfino a Repubblica ci sono giornalisti onesti!

E’ triste che in democrazia e in apparente libertà di stampa si debba essere coraggiosi per scrivere non di camorra o mafia ma di repressione da parte di corpi dello stato. E’ assolutamente consigliabile leggere in calce a questo pezzo, l’articolo di Calandri sulla vergognosa testimonianza di un questore della Repubblica, Francesco Colucci, che non sa, non ricorda, ma tra le righe afferma una cosa capitale: “eravamo condizionati [dalla politica?] ad intervenire [e quindi violare i diritti umani di liberi e pacifici cittadini]”. Ovviamente anche questo articolo di Calandri non ha varcato i confini dell’edizione genovese di Repubblica. E’ sostenibile che i processi non siano più un fatto nazionale?. Che fine ha fatto la Commissione d’Inchiesta promessa? Dov’è la grande stampa, Bruno Vespa, Michele Santoro, Aldo Forbice, Giuliano Ferrara, Gad Lerner, Enrico Mentana, Giovanni Floris?

Eppure ricordate quando la fantasiosa perizia per la quale un pezzo di calcestruzzo volante avrebbe sfortunatamente (sic!) deviato la pallottola sparata in aria che invece rimbalzò giusto per uccidere Carlo Giuliani tenne banco per giorni sui giornali e TG? I TG cercarono di convincerci per giorni che era andata in quella curiosa maniera. Ricordate il malore attivo di Pinelli in quella caldissima giornata di dicembre 1969 a Milano? Giovani, se non ricordate chiedete, cercate, esigente di sapere, esercitate il vostro inalienabile diritto alla Memoria!

Carlo Gawen: Dici bene, Gennaro: quanti dopo Genova non hanno più partecipato a manifestazioni? Quelle centinaia di migliaia di persone dove sono finite? Prima Napoli, poi Genova, poi… tutto il resto. E’ stato un crescendo di pestaggi gratuiti, di infamie, di menzogne. Questa sentenza è molto importante, un giudice che dichiara, riferendosi alle cariche, “Facevano invece parte di un più ampio disegno, così come le menzogne raccontate più tardi per coprire le nefandezze” direi che sarebbe già sufficiente, in uno Stato democratico, a rimettere tutto in discussione ed avviare immediatamente una commissione d’inchiesta parlamentare (ma non era in programma? ah sì, è vero…). Altrettanto interessante è stata l’udienza di ieri, ce ne parla l’ottimo Massimo Calandri, sempre sull’edizione genovese di Repubblica… questa volta anche il Secolo XIX si è degnato di scriverne qualche riga. Naturalmente tutto rimane a livello locale.

Fabio Bovi: Fortunatamente i giorni vissuti a Genova 2001 ad alcuni hanno causato la reazione opposta [al terrore e all’allontanamento dalla militanza] ed invece che chiudersi in casa da allora non riescono a non partecipare e non sentirsi coinvolti. Da quei giorni la mia fede nella democrazia, nell’informazione, nello stato, sono completamente cambiati. Spero che per molti sia stato lo stesso!!

Sono contento per la sentenza ma la rabbia che provo verso il sistema, i media, la gente che continua a vivere nell’indifferenza superano di gran lunga la gioia per vedere che qualche briciola di giustizia c’e’ ancora.
So che questa ferita aperta a Genova continuera’ a bruciare.. perche’ so che sara’ impossibile in questo paese schifoso vedere alla sbarra i veri responsabili che in quei giorni hanno organizzato a tavolino la “mattanza” di Genova. Questo sentimento di impotenza spero che non mi impedisca mai di dare un contributo per quanto piccolo e insignificante per la costruzione di Un Altro Mondo…

Diego Marchesi: Al seguente indirizzo è possibile trovare una sintesi delle testimonianze raccolte dai PM nell’inchiesta sugli abusi di BOLZANETO, prese pari pari dal settimanale Diario “Speciale Genova – la Verità” del 21 luglio 2006: http://g82001.altervista.org

Su “Altri Link” sono elencati collegamenti ad altri siti che si occupano del G8 di Genova ed è possibile vedere in streaming alcuni dei video presenti su YouTube. Sono scenari sconcertanti quelli raccontati dalle vittime di quelle violenze, fisiche e psicologiche. Scenari che risultano via via più verosimili confrontando e incrociando le testimonianze di tutti coloro siano passati dalla caserma di Bolzaneto in quei giorni.

I processi sui casi Scuola Diaz e Caserma di Bolzaneto sono ancora in corso ed i primi verdetti sono attesi entro la fine di quest’anno.


G8, l’ultima verità sulla Diaz – L’ex questore Colucci confessa: ” Mi sentivo inadeguato”

La Repubblica (Genova), 4 maggio 2007

Sconcertante deposizione dell’alto funzionario sei anni dopo tra smentite e “non ricordo più”

MASSIMO CALANDRI

L’IMBARAZZANTE interrogatorio di Francesco Colucci, che in quei giorni del G8 era ancora il questore di Genova, ha dato ieri mattina la misura di quanto difficile sia il compito di chi vuole fare chiarezza sulle sciagurate giornate del luglio 2001. A distanza di sei anni, quello che allora era la massima autorità di pubblica sicurezza presente in città (prefetto escluso) è caduto in una serie di contraddizioni ed amnesie che hanno lasciato a bocca aperta i presenti. «Non ricordo». «Forse ho sbagliato nel parlare». «La mia affermazione forse è stata un po’ sprovveduta, superficiale». «Non sono sicuro, lo giuro davanti a Dio e allo Stato italiano». «Mi correggo, forse sono stato impreciso». Per sei ore Colucci ha risposto alle domande del pm Enrico Zucca, smentendo in alcuni casi quando aveva dichiarato a verbale negli anni precedenti e regalando un’informazione inedita. La notte dell’assalto alla scuola Diaz, il funzionario che doveva coordinare gli interventi era il vice-questore Lorenzo Murgolo. Che per il massacro e l’arresto illegale dei 93 no-global, così come per le prove fasulle, non è imputato. «Murgolo era il coordinatore. Ma c’erano La Barbera e Gratteri accanto a lui… «. Affermazione che vuole dire tutto e niente, perché – come l’ex questore di Genova ha poi ribadito – «non so a che punto poteva contare la scala gerarchica».

In un’intera giornata passata in aula, Colucci non ha chiarito nulla. Perché si decise di intervenire nell’istituto di via Battisti? La versione è quella del fantomatico attacco in serata alle pattuglie della polizia, e di quei tipi sospetti – «Non gente gioiosa, gente allegra… ma facce brutte, con atteggiamenti minacciosi, vestiti di scuro» – davanti alla scuola. Lui avrebbe voluto lasciar perdere, ormai il G8 era finito, «ma poi tutti quanti abbiamo deciso l’intervento: identificare gli aggressori e trovare armi eventuali. Fare una perquisizione». Chi tra i super-poliziotti spinse per il blitz? Colucci fa alcuni nomi, poi ci ripensa, alla fine spiega che il prefetto La Barbera – che è morto – era d’accordo. «Io mi sentivo un po’ inadeguato», confessa quello che in quei giorni era il questore di Genova.

A suo tempo aveva detto che il capo della polizia, Gianni Di Gennaro, gli aveva detto di telefonare al capo dell’ufficio stampa, Roberto Sgalla: ieri ha detto che fu una sua iniziativa. Lui restò in questura, chi lo avvertì del ritrovamento delle molotov? Colucci fa almeno tre nomi, ma non ricorda. Ed è in difficoltà quando deve raccontare di quel poliziotto che gli disse di essere stato colpito dalla coltellata fantasma di un altrettanto fantasma Black Bloc: «Indossava un maglione di cotone… no… un giubbotto antiproiettile». Per non parlare di quando spontaneamente confessa di aver saputo di un equipaggio di una squadra mobile che era entrato per sbaglio nella scuola di fronte alla Diaz: ma dimentica di aver inviato a Di Gennaro una relazione in cui scriveva che quei poliziotti stavano facendo una «verifica».

«Io so solo che quella notte dovevamo fare qualche cosa, dovevamo reagire a quella cosa. Eravamo un po’ pressati, eravamo condizionati. E decidemmo di intervenire».


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