- Gennaro Carotenuto - https://www.gennarocarotenuto.it -

Dal Primo maggio al Family day: cosa vuole ottenere la Chiesa di Joseph Ratzinger?

Che il paludato e ponderatissimo quotidiano della Santa Sede, l’ Osservatore Romano, che esce al pomeriggio, abbia lasciato passare quasi 24 ore prima di scegliere parole stridenti come accusare di terrorismo il giullare Andrea Rivera, che dal palco del Primo maggio aveva osato dire in parole fin troppo semplici che il Vaticano ratzingeriano non sarebbe in sintonia con la modernità e i diritti umani, ha lasciato in molti sorpresi. Meno male!

E’ possibile che l’Osservatore Romano abbia informazioni tali da temere seriamente per la vita del presidente della CEI Angelo Bagnasco, o per altri suoi esponenti. E’ possibile che, ritenendo il momento molto grave, abbia percepito come intollerabile ricevere in pubblico parole dure e irridenti laddove riteneva dovuta solidarietà. Ma l’Osservatore Romano non può essere così ingenuo da non sapere che le pallottole non sono lo stesso che l’avanspettacolo e che se tutto è terrorismo nulla è terrorismo.

La Chiesa cattolica sa che l’intera relazione tra Stato e Chiesa si regge su di un equilibrio basato sul rispetto reciproco e su regole condivise. Sa anche che gode in Italia di condizioni incomparabilmente favorevoli rispetto a quelle di paesi cattolici come la Francia, per non parlare di paesi come il Messico dove la laicità dello Stato è difesa in maniera uguale e contraria alla grande fede popolare. Per anni, in Italia, la Chiesa stessa ha difeso -giustamente- il proprio diritto a dire la propria sulle questioni dello stato proprio invocando il rispetto -totalmente laico- alla propria libertà d’espressione sancita dalla Costituzione repubblicana. Di fronte alla reazione dell’Osservatore, sorge un dubbio: quando il mondo cattolico invocava il diritto alla libertà d’espressione del Papa o del Cardinal Camillo Ruini, lo invocava in quanto cittadini come gli altri o in quanto pastori, quindi al di sopra degli altri?

Al di là della oggettiva differente autorevolezza personale, in cosa differisce per la Chiesa la libertà di espressione di Camillo Ruini da quella di un Andrea Rivera qualsiasi? Non siamo più di fronte ad una legittima presa di posizione di tipo lobbistico tesa ad ottenere una legislazione favorevole; non siamo di fronte ad una controversia che sfocia in una polemica; siamo di fronte al duro e puro criminalizzare la critica, una sorta di ombra lunga del dogma dell’infallibilità che mai Pio IX aveva concepito come così cogente. Oggi con quel "chi osa criticare il papa è un terrorista" la Chiesa sembra non considerare che nell’attacco ad un principio democratico sacro e inviolabile come quello della libertà di espressione, sta mettendo a rischio l’intera impalcatura delle relazioni tra Stato e Chiesa, dall’Articolo 7 al Concordato fino all’8 per mille. Non se ne sente più vincolata? Pensa che nell’attuale quadro politico possa ottenere condizioni ancora migliori? La Chiesa pensa che ci sia lo spazio per un neo-temporalismo del XXI secolo?

La prima spiegazione possibile è che i vertici vaticani sono oramai così autoreferenti da non considerare più alcuna conseguenza secolare delle loro azioni. Parafrasando Don Milani potremmo dire che "la prudenza non è più una virtù". Nel giro di tre giorni prima scomunicano mezzo parlamento messicano come se fossimo al tempo della Riforma di Benito Juárez, e poi mettono nello stesso sacco pallottole e battute. Importa ancora alla chiesa di Ratzinger dialogare?

Almeno una parte della società civile e progressista italiana è preoccupata perché si considera sotto attacco da parte di un neoclericalismo pervasivo che riesce a vincolare tutta la classe politica (anche quella radicalsocialista che punta una fiche sull’anticlericalismo in un gioco delle parti ignobile), e del quale il novello Partito Democratico sembra presentarsi come la punta di lancia del neoguelfismo dilagante. Ma questa non può prendere atto, è la seconda possibile spiegazione, che, il mondo cattolico che più direttamente si richiama al ratzingerismo, non si sente all’attacco, ma piuttosto accerchiato. Dal luogo della laicità, è difficile comprendere tale sensazione di accerchiamento del mondo cattolico o della parte più potente di questo. Ma, se si vuol capire cosa vuole oggi la Chiesa, è necessario capire le ragioni di questa sensazione di accerchiamento.

Senz’altro per il gruppo di potere ratzingeriano è davvero intollerabile che qualcuno possa non considerare abominevole la scelta di Piergiorgio Welby o che la Chiesa possa essere criticata per aver accompagnato alla tomba e in paradiso il buon crociato Augusto Pinochet. Ma c’è molto d’altro e, se la società civile considera la chiesa all’attacco, e questa invece si considera in difesa, si crea uno iato interpretativo tra i due soggetti che rischia di essere incolmabile.

E’ uno iato interpretativo dovuto ad un fattore chiave: il tramonto della Chiesa Conciliare. Per la società civile progressista, abituata da 40 anni alla dialogante e perfino remissiva Chiesa Conciliare, disposta a perdonare tutto e tutti, è difficile prendere atto che al governo del cattolicesimo vi sia oggi un partito, quello ratzingeriano, quello che rivuole la messa in latino, che vuole rimuovere il Concilio stesso per tornare indietro. Ma il paradosso, sempre visto dal luogo della laicità, è che la chiesa ratzingeriana, non ritiene che smantellando pezzo a pezzo il Concilio stia attaccando, ma si sta piuttosto difendendo. E non si sta difendendo dai laici, ma da un nemico interno che è quella chiesa dialogante con il mondo laico che va da Medellin alla Rete Lilliput. La Chiesa ratzingeriana, tradizionalista anche senza essere lefebvriana, sente di essere uscita dalle catacombe di un Concilio che l’aveva messa in un angolo. Sente che molto c’è da restaurare, troppo per un mondo che ha preso tutt’altra direzione.

E’ il "segno dei tempi", al quale era così sensibile Giovanni XXIII, a risultare incomprensibile al pur raffinato intellettuale Benedetto XVI. Questo ha diritto di non evolversi, e di non credere nell’evoluzionismo –per citare il povero Rivera- ma nel suo tentativo di reconquista dell’Europa, si crea lo scontro con un mondo laico abituato a trattare con una Chiesa conciliante ed aperta e incapace di accettare una chiesa irriducibile e revanchista. E’ che quella di Ratzinger è un’altra chiesa e come tale andrebbe trattata. Ma se domani l’Osservatore Romano passasse da un generico "chi critica il papa è un terrorista" a un più prosaico "chi crede nella teoria di Darwin non può insegnare nella scuola pubblica", quali resistenze opporrebbero la classe politica e la società civile?

La società civile progressista vuole ancora far finta che non possa andare così e che ci siano ancora margini di dialogo o di critica con la chiesa ratzingeriana ogni giorno più intollerante nella sua dogmatica cittadella accerchiata. Abbiamo visto con quanta dignità i parlamentari messicani, spesso cattolici praticanti, hanno accettato la scomunica pur di far passare la legge che regola l’aborto. Ma in Italia? L’Italia, che dopo le monetine contro Craxi ha sacralizzato l’intera (impunita) classe politica, è un paese dove è stato considerato terrorismo fischiare Piero Fassino piuttosto che Letizia Moratti. Fischiare! Il Vaticano dunque non ha inventato nulla. Si è solo adeguato al clima del paese. Che margini ci sono in Italia per civilizzare un dibattito aspro con la Chiesa cattolica che si sta palesando?

Come può l’Italia sorprendersi se su questo piano inclinato la chiesa neodogmatica di Ratzinger non consideri funzionale demonizzare l’avversario? Le si aprono oggettivamente nuovi spazi di manovra e di convenienza politica. Il rifugio nella dottrina, la linea della fermezza, il considerarsi e presentarsi come vittime, con la complicità della classe politica, paga dei dividendi straordinari che neanche secoli di dialogo potrebbero produrre per il Vaticano. In poco tempo, la Chiesa ha ottenuto due trionfi straordinari. Il primo ha ridotto l’Italia ad essere l’unico paese sviluppato dove è di fatto impossibile l’inseminazione artificiale ed ha limitato in maniera preoccupante la libertà di ricerca. Il secondo ha di fatto archiviato la legge sulle coppie di fatto. Se gridando al lupo e dichiarandosi vittime si ottengono così tanti risultati, c’è da giurare che la chiesa ratzingeriana cercherà un simulacro di catacombe, pur di perseguire i propri scopi.

Fatta questa considerazione è necessario -ed è il terzo punto da considerare- analizzare anche una chiara controtendenza. La chiesa ratzingeriana, che abolisce il Limbo per restituire la visione di dio alle cellule staminali, è una Chiesa cattolica che fa propria ed utilizza proprio quella modernità che rifiuta.

Senza modernità, senza scienza, le cellule staminali non avrebbero anima ed il Limbo esisterebbe ancora. Ed allora anche l’Osservatore Romano, con quella sua autorevolezza un po’ snob del potersi permettere di parlare di bambini soldato in Congo quando l’Italia intera parla di veline, e di etica quando parliamo di pallone, sta torcendo il braccio alla propria stessa natura e scende in campo in quel Secolo che aborrisce.

Difendendosi attacca ma soprattutto fa comunicazione in maniera abile. Lo scandalo creato ad arte con il caso del “terrorista Rivera”, è funzionale a lanciare, pubblicitariamente e mediaticamente l’incombente Family day. Da mesi il partito ratzingeriano sta investendo molto su questo orribile anglismo. Anche questa è una nemesi storica: per selezionare la famiglia tradizionale e discriminare le altre, va usato un modernismo (sarà passibile di scomunica?), perché chiamarlo “giornata della famiglia” sarebbe stato stantio. Al di là del dettaglio, da settimane la Chiesa chiama alla conta. La stampa è piena di insolite notizie su consigli comunali, provinciali, regionali di tutta Italia chiamati a votare se partecipare istituzionalmente a tale manifestazione.

Sembra di essere tornati al mondo tra l’11 settembre e l’aggressione all’Afghanistan, quando nessun politico che avesse a cuore la propria carriera poteva permettersi di esprimere dubbi sull’operato del governo degli Stati Uniti.

Basta leggere le agenzie. Nel consiglio regionale del Lazio ieri il PD si è già spaccato, la ministra Rosy Bindi prova a scongiurare una coloritura antigovernativa, l’UDC pretende il Gonfalone della provincia di Firenze e così via in centinaia di delibere e polemiche da Saluzzo a Ventotene, dalle parrocchie ai consigli comunali tutti chiamati ad una conta a dir poco preoccupante. Manca poco più di una settimana al Family Day e la tentazione di passare dal "chi critica il papa è un terrorista" al "chi non è al Family day è contro la famiglia" è forte. Quale giornalista, quale intellettuale, ma soprattutto, quale politico, potrà dissociarsi dalla messa cantata del Family day?


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